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BEHIND​​

dietro le parole

 

I miei pensieri, le mie passioni, la mia vita

 

Belisario Righi

* * * 

DA UNA PARTE E DALL’ALTRA


La macchina, la barba, il telefono, il pranzo, la cena, le tasse, l’avvocato, il commercialista, l'Equitalia, l’Inps, la moglie, i figlie, i motorini, i telefonini, la televisione, gli amici di sempre con i problemi di sempre, la vecchia mamma, i fratelli, qualche parente, qualche conoscenza, gli impegni, il Comune, la Patria, il Governo, i condoni fiscali, gli Assessori, la spesa, l’affitto, le banche, gli assegni, i vestiti, le giacche blu, il lunedì, il martedì, il mercoledì, il giovedì, il venerdì...e poi il sabato e la domenica che sono peggio degli altri giorni perché oltre a tutto ti rompi anche i coglioni e-mail, mai niente di nuovo, mai una vera significativa scoperta, ma sempre, sempre le stesse, noiose, obsolete cose.

 

Questo da una parte

 

Un paese pieno di verde e di acqua nel mezzo di un deserto, con l’essenziale, con una sola stanza, tanto se stai in un posto non puoi stare in un altro, con tante persone nuove e soprattutto sconosciute, seminudo, senza vestiti, senza macchine, dove non ci sono banche, avvocati, commercialisti e poi magari un giorno ti dicono che muori solo, ma tanto quando si muore si è sempre soli, un libro che puoi leggere anche diciotto volte e mangi solo un po' di pesce e riso, il costume da bagno è l’unico indumento che ti serve perché non hai nessuno intorno perché anche gli altri la pensano come te, il telefono non ce l’hai, c’è quello pubblico e anche la televisione è bandita, tanto per quello che si vede, però hai te stesso, e non mi sembra poco.

 

Questo dall’altra

 

 

 


Amor può molto più che né voi né io possiamo.

GIOVANNI BOCCACCIO



 


AMARE LA VITA
 

Così devi amare la vita
e questo globo terrestre
da sentirti triste
se solo ti passa per la mente
che un giorno
tra un miliardo
tra 100 miliardi di anni
forse si spegnerà
e impallidendo
continuerà a volare
cieco come una noce vuota.

 

NAZIM HIKMET



 

Per alcuni la vita è una lunga paura di morire.

GIULIO CESARE





CHEFCHAOUEN CITTA’ AZZURRA


All'alba di un mattino, camminando lungo le strade di Chefchaouen, città marocchina della costa mediterranea, mi apparvero visioni rubate ai sogni surreali di Dalì, immerse nel quieto blu di Kandinskji. I muri inondati di luce incorniciavano persone avvolte in caffettani che lambivano gli spazi cittadini come ombre in un paradiso di azzurro chiarore. I colori densi di violetto ferivano la dolcezza dell'aria e si andavano accendendo lungo i vicoli e le erte discese delle scalinate che si aprivano su piccole piazze dove personaggi fantastici e fuori del tempo si adoperavano nelle più disparate mansioni. Il vento del deserto, irrorato dall'odore salmastro del Mediterraneo, si mescolava a rumori arabi antichi e moderni in una miscela che toccava le mie narici con profumi mai conosciuti e creava nel mio immaginario sentimenti di malinconie millenarie. Provavo un senso di vera beatitudine, immerso in quel mondo naif dove sogno e realtà si fondevano insieme generando una favola che costituisce l’elemento surreale della nostra vita fanciullesca, da sempre presente in ­noi attraverso illusioni e fantasie di bimbo, invasi sempre da smania di conoscere e di sapere, eccitati da tutto in egual misura, ed io come un bambino davanti ad un nuovo giocattolo ero felice di trovarmi in quel mondo, antichissimo ma nuovo per me, che desideravo assolutamente conoscere,

 

 

 

Non si può misurare il tempo in giorni come si misura il denaro in centesimi o in pesos, perché i pesos sono tutti uguali mentre ogni giorno è diverso e forse anche ogni ora.

​​​JORGE LUIS BORGES



 


GIORNO DI AUTUNNO


Signore: è tempo. Grande era l'arsura.

Deponi l'ombra sulle meridiane,

libera il vento sopra la pianura.

Fa che sia colmo ancora il frutto estremo;

concedi ancora un giorno di tepore,

che il frutto giunga a maturare, e spremi

nel grave vino l'ultimo sapore.

Chi non ha casa adesso, non l'avrà,

chi è solo a lungo dovrà stare,

leggere nelle veglie, e lunghi fogli

scrivere, e incerto sulle vie tornare

dove nell'aria fluttuano le foglie.


RAINER MARIA RILKE



 


La follia e l’allucinazione sono le fondamenta della grandezza.

JOHN STEINBECK



 


​CONSIGLI PER LA LETTURA


Sapendo che mi piace leggere, spesso qualcuno mi chiede di indicargli un buon libro ed io gli do sempre la migliore risposta che trovo dentro di me, avvertendo in lui il desiderio di scoprire letture consone alle sue inclinazioni spirituali e soprattutto atte a riempire i suoi vuoti di conoscenza. Quando ormai l’apprendistato letterario è stato superato e si è oltrepassata la fase della lettura per la lettura, solitamente si cercano testi di impatto morale e costruttivo e in quest’ambito è indispensabile saper discernere, nella moltitudine dei libri scritti, quali valga la pena leggere e quali no, anche se, in ultima analisi, ci sono dei libri che devono essere comunque letti. Ognuno di noi ha il suo cammino da percorrere, la sua strada da seguire e questa non può essere rivelata da un libro o attraverso l’esperienza di un’altra persona, perché un libro è sempre l’esperienza trasposta sulla carta di un’altra persona, però certo è che in un libro lo scrittore trasfonde le sue sensazioni e le sue esperienze e noi leggendo le sue pagine spesso troviamo le risposte ai nostri interrogativi. E’ stato scritto di tutto e di più, ma poche sono le cose che sono state trattate in maniera significativa, atta ad espandere la nostra conoscenza. Ho detto che determinati libri devono essere comunque letti non a caso, perché certe letture rappresentano la summa summarum del sapere intellettuale e perché due righe di uno di questi libri valgono più di trecento pagine di un best-seller. I libri che ci interessano non hanno niente a che vedere con le tirature tipografiche. Ultimamente ho letto Congo di Michael Crichton, stampato per milioni di copie. Non voglio pronunciarmi in proposito, ma una cosa la voglio dire: è vergognoso e umiliante che vi siano milioni di persone che apprezzino tale letteratura. Un libro non si deve leggere, per passare un paio d’ore. Per questo c’è la televisione. Non si deve leggere per sentirsi raccontare una storiella. Per questo ci sono le chiacchiere al bar. Un libro va letto per conoscere, per apprendere, per imparare e per confrontare la propria personalità con quella dello scrittore. Entrare in diatriba dialettica ed intellettuale con l’autore, impostando una esegesi dei fatti e delle argomentazioni è il solo modo per scoprire il valore del libro. Un libro deve far riflettere, far pensare e ponderare su quanto è scritto, deve arricchire e innescare in noi considerazioni e riflessioni. Non c’è altro modo di leggerlo. Se questo non avviene, il libro non ci avrà dato niente e non vale quello che si è speso per acquistarlo e principalmente non merita il nostro tempo che è prezioso perché limitato e non eterno.



 

Il matrimonio, Dio, i figli, i parenti e il lavoro, ma non ti rendi conto che qualsiasi idiota può vivere così e che la maggior parte lo fa?

CHARLES BUKOWSKI



 


INSONNIA

 

Succubo mostruoso sulle coltri

posato, dell’uomo la stanca mente

opprimi con nere visioni

ché buia del tuo sole è la luce.

Lontano stammi, immonda bestia,

allontana il tuo viscido volto

dal mio, sul cuscino adagiato,

e lascia che il sonno m’abbracci.

 

BELISARIO RIGHI



 

Alcune persone sentono la pioggia. Altri semplicemente si bagnano.

BOB MARLEY



 


GUERNICA


Cittadina basca, di poche migliaia di anime, ignota sino al 26 aprile del 1937 da quel giorno diventa per il mondo intero il simbolo della ferocia nazifascista e dà il suo nome al dipinto più celebrato del secolo XX. Il 26 aprile 1937 l'aviazione falangista, con aerei e piloti tedeschi, attaccò e rase al suolo la piccola città di Guernica, uccidendo e ferendo in tre ore e mezza circa duemila persone. Guernica era un obiettivo del tutto insignificante e l'azione, svoltasi in un giorno di mercato, fu volutamente una strage studiata per seminare il terrore tra la popolazione civile e sperimentare una nuova tattica di guerra aerea: il bombardamento a tappeto. In Spagna, le elezioni del febbraio 1936 furono vinte dal Fronte Popolare che riportò sulle forze di destra un'eclatante vittoria, riuscendo a vincere con un numero di deputati doppio rispetto a quello della compagine conservatrice, sennonché la destra a sua volta, riorganizzatasi nella Falange, appoggiata dai fascismi europei, dalla Chiesa cattolica e dall'esercito rimase molto forte. I primi mesi di governo del Fronte Popolare furono segnati da accanite lotte in ogni settore della vita politica e sociale, dando luogo ad episodi anche sanguinosi. Iniziò la guerra civile. Il capo della rivolta divenne il generale Francisco Franco. La guerra fu combattuta con grande determinazione da entrambe le parti. Da tutta Europa giunsero in Spagna i volontari antifascisti che combatterono nelle Brigate Internazionali, mentre le democrazie europee non intervennero in difesa della Spagna repubblicana per i sospetti suscitati dalla presenza comunista e dagli aiuti sovietici. L'Italia fascista di Mussolini al contrario inviò un vero e proprio corpo di spedizione in aiuto di Franco, e Hitler fornì importanti aiuti soprattutto per l'aviazione. Dopo tre anni di sanguinosi combattimenti i franchisti ebbero la meglio e Francisco Franco instaurò una dittatura di tipo fascista, della quale fu il capo indiscusso per oltre trent'anni.  Nel gennaio del 1937 il governo del Fronte Popolare commissionò a Picasso, allora residente a Parigi, un pannello murale, destinato all'allestimento del padiglione spagnolo per l'Esposizione Universale di Parigi che doveva avvenire nel mese di luglio di quell'anno. per la cui esecuzione Picasso aveva pensato ad un tema che trattasse la libertà dell'arte. Poi il 26 aprile avvenne la tragedia e   nelle settimane successive, mentre l’emozione nell'opinione pubblica internazionale era grandissima, il governo repubblicano, in lotta contro Franco e i suoi alleati nazifascisti, ordinò al pittore spagnolo un’opera destinata a perpetuare il ricordo del massacro. Sarà l’opera più drammatica della carriera dell’artista che dichiarò: La guerra di Spagna è la battaglia della reazione contro la libertà. Il pannello al quale sto lavorando, che chiamerò Guernica, esprime chiaramente il mio orrore della casta militare che fa precipitare la Spagna in un oceano di dolore e di morte. In tale circostanza Picasso mutò il suo progetto. L'opera, realizzata già a metà giugno, venne esposta nel padiglione spagnolo all'Esposizione Internazionale delle Arti e Tecniche di Parigi, cui parteciparono altri illustri artisti spagnoli: Joan Miró, Julio Gonzales, Javier Bueno e infine spostata negli Stati Uniti a New York al Museum of Modern Art, durante l'occupazione nazista di Parigi. Picasso aveva realizzato l'opera per Madrid, ma fintanto che il dittatore Franco rimase in vita, rifiutò di consegnarla alla Spagna. Il dipinto vi giunse solo alla fine della dittatura franchista, nel 1981. Per lungo tempo è stato esposto a Madrid al Casón del Buen Retiro, presso il Prado. Oggi è visibile al museo Reina Sofia di Madrid. L'opera, di effetto monumentale, fu realizzata dopo la distruzione della cittadina basca in meno di due mesi. Picasso studiò febbrilmente la scena in un centinaio di disegni preparatori, datati tra il primo ed il nove maggio del 1937. L’artista si era dichiarato a favore del governo repubblicano e Guernica rappresenta anche il dolore e l'ira del pittore che si trasfondono nel quadro con una visione drammatica di corpi sfatti, visi stravolti, in un etere privo di colore in cui echeggiano urla lancinanti. La novità di quest'opera è caratterizzata dal singolare cromatismo che ammette solamente il bianco e il nero, quasi a seguire le immagini di distruzione apparse sui giornali. Diverse linee guidano lo sguardo in profondità, con accorgimenti prospettici irregolari e molteplici sono le fonti di luce. La composizione riunisce sette gruppi di personaggi che si inseriscono nel dipinto insieme ad elementi simbolici. 

Al centro: il cavallo ferito dalle fauci dolorosamente spalancate da cui fuoriescono strazianti nitriti; il profilo stilizzato di una testa umana; un braccio che tiene accesa sulla scena una lampada a petrolio; un grande occhio di Dio simbolo allo stesso tempo del sole e della luce elettrica; la statua di un guerriero che impugna con la mano destra una spada spezzata.

Alla sinistra: un toro e una madre urlante che stringe tra le braccia il figlio morto.

Alla destra: una figura avvolta dalle fiamme, a capo rovesciato all'indietro con la bocca spalancata, in un grido di agonizzante dolore.

Il cavallo ferito simbolizza il popolo, il toro la forza bruta e la crudeltà; la madre con in grembo il suo bambino rappresenta il grido di dolore di fronte alla tragedia e c’è anche, al centro della composizione, un occhio con una lampadina al posto della pupilla che vuole significare la luce della speranza. La spada spezzata completa la simbologia di pace.

Sull’origine di quest’opera corre una voce che non si sa quanto sia vera, ma è doveroso riportarla. Il famoso pittore, grande appassionato della corrida, aveva celebrato in un’enorme tela  la morte del torero Joselito. Quando il governo repubblicano gli chiese un quadro per l’Esposizione Universale di Parigi, Picasso pensò bene di utilizzare l’opera già dipinta in memoria di Joselito, limitandosi solamente a cambiare il titolo che divenne appunto Guernica. Per questo dipinto l’artista ebbe dal governo spagnolo la somma di trecentomila pesetas, qualche milione di euro di oggi e sembra che a pagare fu Josif Stalin, nell’URSS onnipotente Segretario generale del PCUS. La nozione di arte come forma di attivismo è stata spesso adottata. Nel marzo del 2003, quando Baghdad, durante l'invasione americana, fu attaccata dall'aviazione militare, divenne la Guernica del nuovo millennio. L'invasione guidata dagli Stati Uniti fu sostenuta dalle forze britanniche e contingenti minori provenienti da Polonia, Austria, Danimarca e anche un certo numero di Paesi ne fu coinvolto. Fu l'inizio della guerra in Iraq. Secondo il presidente degli Stati Uniti George Bush e il primo ministro inglese Tony Blair, i motivi per eseguire l'invasione erano per disarmare l'Iraq di armi di distruzione di massa, porre fine alla politica di sostegno al terrorismo di Saddam Hussein e liberare il popolo iracheno. Nel marzo 2007, a Ron English, artista contemporaneo surrealista pop americano invitato a partecipare al terzo TUI International Documentary Festival, venne chiesto di progettare cinque cartelloni pubblicitari per la visualizzazione pubblica nel cuore del quartiere storico della bella e antica città galiziana di Tui. Due dei cinque cartelloni sono stati ispirati da Guernica, il quadro di Picasso. Uno raffigurante uno scorcio della città di Guernica, quindici minuti prima del bombardamento aereo e l'altro che ritrae la carneficina perpetrata. Guernica, per English, è ora l’attuale Baghdad e ne diventa così ossessionato da dipingere oltre quaranta versioni dell'opera di Picasso.



 


Quelli senza ritorno, sono gli unici viaggi veri.

GUIDO PIOVENE



 


LA BALLATA DEL MARE


Il mare stanotte

alla mia porta

tre volte bussò.

Tre volte mi chiese cosa facevo,

tre volte mi chiese perché non dormivo.

Risposi una volta, una soltanto.

Gli dissi: non dormo,

perché sto pensando

alle cose che ho detto,

a quelle che mai non ho fatto.

Vorrei che tu antico mistero

potessi svelarmi il segreto di ciò.

Vorrei che dicessi soltanto per me,

perché non feci quel giorno un viaggio,

non ebbi quell’altro un motteggio.

O mare, sito stupendo di tante beltà,

eterno custode di canti, di suoni, di civiltà.

Tu solo conosci il perché della vita,

tu solo saprai dir quando è finita.

Amico mio mare, mio gran ascoltatore,

ascolta, ti prego ancora una volta,

quel che dice il mio cuore.

Il mio cuore purtroppo,

ormai non sa più

se dire o udire come fai tu.

Ma forse nel dubbio di questa domanda

è quello che cerco, che da sempre mi manca.

Forse il segreto è saper ascoltare,

tacere, star zitto, rinunciare a parlare,

perché le parole vanno nel vento

e soltanto i fatti  restano dentro.


BELISARIO RIGHI



 


Chi non immagina lineamenti più forti e più belli, toni più forti e una luce migliore di quanto il suo occhio mortale possa vedere, non sa immaginare affatto.

WILLIAM BLAKE



 


PESSIMISMO LEOPARDIANO
 

Il cosiddetto pessimismo leopardiano è da considerarsi quale luogo comune e null’altro più.
Il Pessimismo, come impostazione mentale e concezione filosofica, deve essere inteso nel senso di comportamento assoluto, prescindente dalle situazioni e determinato da una natura psicologica e culturale ben definita che alla fine di ogni dissertazione intellettuale impone il crisma della negatività e il completo asservimento degli eventi ad atteggiamenti di non positività. Deve essere un riferimento preciso e indiscutibile di una totale non accettazione della positività, unita a una lettura negativa dell’esistenza, sempre e comunque, ma per Giacomo Leopardi non è così. Il poeta, vivendo in uno stato di inappagamento spirituale e soprattutto emozionale, è portato a vedere il mondo sopraffatto da eventi negativi che dipendono da situazioni accidentali e non assolute e pertanto il suo pessimismo è da iscriversi in una soggettiva visione di ineffabile negatività proveniente dalla sua spiritualità, condizionata dalla sua esistenzialità momentanea. Leopardi non era un pessimista, era un vinto. Vinto dalla vita, dalla sua fisicità, dal suo essere diverso e la diversità da sempre è elemento di contrapposizione alla canonicità di comportamento. Se nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia la sua visione della vita è angosciante e permeata di tristezza, al punto da non intravedervi il minimo spiraglio di positività, nel canto La quiete dopo la tempesta, la sua vis poetica si esprime in termini chiari e inequivocabili di completo e totale appagamento verso la gioia della vita e verso tutto quello che trasuda felicità e bellezza, al punto di concepire le tristezze e le pene della vita come elementi catartici (uscir di pena è diletto fra noi). La pena può essere elemento di resurrezione, di purificazione. Questo non è pessimismo, al contrario è amore per la vita e chi ama crede nell’amore che è agli antipodi del pessimismo. Giacomo Leopardi non era pessimista. Aveva solamente bisogno d’amore e mancandogli le sue giornate erano tediose e tristi. Amava la vita e non potendo viverla come avrebbe voluto si sentiva estraniato dal consorzio umano. Gli sarebbe bastato un po' di calore che non riuscì a trovare nell’ambito della famiglia e nella società. Trascorse così un’esistenza infelice e amara.



 


L’intelletto è un servitore che compiacentemente si regola secondo gli umori del suo padrone; esso sa scegliere motivi di giustificazione per ogni passione, per ogni impresa; è a preferenza al servizio dell’egoismo che è sempre tanto sottile nel dare un bel colore agli errori commessi e da commettere, vantandosi spesso di essersi trovata una scusante così buona.

GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL



 


LA PIAZZETTA


Oggi un uomo

è morto di embolia.

Era un subacqueo.

Disteso su due tavoli di un bar,

coperto da un lenzuolo,

ho visto il suo cadavere

e svenir di pianto la sua donna.

Di tutti era l’amico,

da tutti conosciuto.

Ma oggi è festa

e il più profondo omaggio

va tributato a San Lorenzo,

patrono del villaggio,

…per cui bando alle lacrime

e via il cadavere.

Col gioco e con la birra,

col riso e con lo scherno

santificar dobbiamo la lembranza,

senza cader nel vuoto delle cose.


BELISARIO RIGHI



 


Forse noi conosciamo meglio di ogni altra la donna che non ci ha amato.

FRANÇOIS MAURIAC



 


ANNI ‘60


Incrociare lo sguardo con un possibile amore, sotto la canicola estiva della spiaggia, accarezzati dalla leggera brezza marina della battigia, per poi attendere che lei entrasse in acqua per seguirla, seppure a distanza, con la consapevolezza che lei avesse recepito l'invito, e così instaurare in questo senso l’incipit di un futuro amore che avrebbe accompagnato le due anime per tutta la durata della vacanza. Questo spesso accadeva! E il mondo, all’istante diventava piccolo. Le cose si riducevano all’essenziale e nel novero delle necessità spiccava prepotente la presenza del possibile amore con tutte le difficoltà e probabili contraddizioni che imponevano atteggiamenti consoni ad una situazione che andava profilandosi sempre più imperante, al punto da condizionare in maniera determinante la spiritualità del momento, mentre tutto il resto non contava più.

 

 

 

 

D’oro una penna datemi, e lasciate che in limpide e lontane regioni sopra mucchi di fiori io mi distenda.

JOHN KEATS


 


PIAZZA NAVONA


Sono passati trent'anni, io sono cambiato, ma Piazza Navona no. La gente è sempre la stessa, turisti che vanno e che guardano ammirati, mentre gli chansonnier dei ristoranti propongono sempre Malafemmena e Arrivederci Roma. Persino le facce mi sembrano le stesse e sebbene da Panzironi si mangi sempre allo stesso modo qualcosa di diverso c’è. Sono io che non sono più lo stesso. Quello che un tempo mi colpiva, quello che una volta mi faceva fremere ora mi scivola addosso, non mi fa male e nemmeno bene, non mi riguarda più, non mi coinvolge, non mi dà più emozione, non me ne sento più scosso. E’ morto in me il senso della trasgressione e per questo la piazza non mi intriga più, mi è indifferente.



 


La vita è la farsa che tutti debbono sostenere.

ARTHUR RIMBAUD



 


NE LI OCCHI PORTA

Ne li occhi porta la mia donna Amore,

per che si fa gentil ciò ch'ella mira;

ov'ella passa, ogn'om ver lei si gira,

e cui saluta fa tremar lo core,
sì che, bassando il viso, tutto smore,

e d'ogni suo difetto allor sospira:

fugge dinanzi a lei superbia ed ira.

Aiutatemi, donne, farle onore.
Ogne dolcezza, ogne pensero umile

nasce nel core a chi parlar la sente,

ond'è laudato chi prima la vide.
Quel ch'ella par quando un poco sorride,

non si può dicer né tenere a mente,

sì è novo miracolo e gentile.


Sonetto dalla VITA NOVA di DANTE ALIGHIERI

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