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RAPSODIA A BROOKLYN

Gli ultimi nove giorni di Gesù Cristo

 

 

Belisario Righi

 

Romanzo

* * * 

 

 

17 dicembre

Palazzi fatiscenti, alberi sfrondati, prati sui quali la ghiaia e il terriccio hanno ormai divorato l’erba, strade buie illuminate da fiochi lampioni, rischiarate qua e là da tenui luci di squallidi bar è la vista di raggelante miseria che offre questo triste quartiere dove non desta stupore vedere bambini che noncuranti della sporcizia giocano sui marciapiedi tra puttane e spacciatori, perché a Brooklyn tutto si identifica con la fatiscenza dell’ambiente. Mark e Phil vivono a Brooklyn. Sono due ragazzi cresciuti in questo degrado. Diverse sono le loro estrazioni sociali, ma simili le loro storie. Hanno in comune il concetto frenetico della vita che, similmente a molti ragazzi della loro età, conducono di malavoglia e con disagio in seno alla propria famiglia. Mark ha 24 anni. E’ il secondo di quattro fratelli. Il padre, di origine irlandese, guardiano notturno in una fabbrica di giocattoli, in trent'anni di lavoro non è riuscito a comprarsi una macchina e la madre, una donna piccolina e minuta, in tutta la sua vita non ha mai posseduto un bel capo di vestiario, perché ha sempre acquistato gli abiti in negozi che vendono a basso prezzo e così non è mai abbigliata bene. Ha conosciuto l’amore a poco più di sedici anni e in capo ai diciotto è rimasta incinta del primo figlio. A quarantotto anni è già una donna rassegnata da molto tempo, dedita solamente alla famiglia che non la ripaga nemmeno in soddisfazioni giacché tutti i figli sono degli sbandati e senza voglia di lavorare. Phil, venticinque anni, di padre italiano e di madre americana, invece viene da una buona famiglia. Al contrario di Mark ha studiato sociologia all’Università, anche se poi non si è laureato, perché nel terzo anno di facoltà, amante del mare, ha costituito con un socio un’impresa di recupero di piccoli relitti navali. La ditta però chiuse presto i battenti e da quel giorno Phil non solo ha smesso di lavorare, ma non ha ripreso nemmeno più a studiare. Legge molto e di tutto. Vi è stato abituato dal padre, noto avvocato civilista, amante delle buone letture e grande estimatore della bella musica. Sua madre, santa donna e ottima moglie, ha dedicato tutta la vita all’educazione dei suoi due figli, impartendo loro, da buona cattolica una sana dottrina religiosa e da vera americana un alto senso patriottico. Smarrito dai fatti della vita, Phil purtroppo è diventato un perdigiorno che vive di espedienti e mentre la madre ancora cerca di aiutarlo come può, il padre non vuole più saperne, tanto grandi sono stati i dispiaceri che gli ha procurato. Suo fratello minore, più giovane di due anni, sta per diventare avvocato e presto entrerà nello studio del padre. Anche oggi i due ragazzi sono senza denaro, fa freddo ed è un pomeriggio terribilmente algido. Un forte vento glaciale, creando mulinelli di foglie secche e cartaccia, spazza le vie della città. Mark ha le mani e i piedi freddi, gli cola il naso, le sue orecchie sono gelate. Ha voglia di qualcosa di caldo, magari un hot dog ripieno di crauti fumanti. Anche Phil è infreddolito e sta pensando a una bella bottiglia di vino, ma a Brooklyn nessuno fa credito, però ha un orologio, un buon orologio che sebbene di non grande valore, al banco dei pegni ne potrebbe ricavare quel tanto che basta per bere e per comprare un po’ di fumo. L’erba costa poco. E’ facile trovarla. Dall’altra parte dell’East River, a Chinatown, un ebreo cinese gestisce un banco di pegni e si dice che venda roba. Certo sin laggiù è un viaggio, ma i nostri amici non difettano di tempo e, non avendo troppi impegni, salgono su un treno. La metropolitana a New York, come in tutte le altre città, è frequentata dalla stessa gente che cambia continuamente. In alcune ore viaggiano impiegati e operai, lavoratori in genere, in altre si vedono massaie e studenti. Un mondo dove tutto è sempre uguale, abitato da persone che, giorno dopo giorno, intessono la tela umana dell'esistenza. Nel vagone ci sono soltanto tre persone: un pastore protestante che sfoggia un enorme cappello ad ampie falde e due innamorati che con affetto si scambiano piccoli gesti d’amore. Mark e Phil scendono dal treno. Con gli ultimi cents acquistano un cartoccio di popcorn da una vecchietta sorridente che augura il Buon Natale a tutti i passanti. Sgranocchiando il candido mais, arrivano alla meta, una piccola Cina ricostruita all’americana, con ninnoli, campanelli e lampioncini colorati mescolati alle luci sgargianti dei neon multicolori. Strane persone si aggirano per queste vie. Singolari cinesi americani che, dell’oriente hanno conservato soltanto la malizia e perduto invece la magia, mercanteggiano la loro esoticità su bancarelle dove espongono strani ed inusuali prodotti. Tra costoro c’è anche il tizio che i due ragazzi sono venuti a trovare. E’ Chang Pildusky, un mezzosangue, cinese di madre ed ebreo russo di padre, ricettatore, strozzino e spacciatore, attività quest’ultima che il figuro esercita non per lucro, che già abbastanza florida gli è la professione dello strozzinaggio, bensì per atavico retaggio, naturalmente connaturato nel suo DNA caratteriale. In questo signore, l'attitudine ebraica di fare lo strozzino mirabilmente si fonde con la tradizione orientale di vendere oppio. Ha i capelli lisci, tirati dietro la nuca, con il classico codino orientale, una lunga incolta barba e secondo la tradizione giudea, indossa un soprabito di colore nero. Nell’insieme non ha un aspetto molto rassicurante, ma i due amici, indifferenti al carisma del personaggio, ansiosi di concludere la trattativa cominciano a negoziare. La compravendita è veloce, non vogliono concludere un grande affare, desiderano solo procurarsi l’indispensabile per le loro momentanee esigenze. Settanta dollari. Questa è l’offerta, prendere o lasciare! E’ una rapina, ma va bene comunque, perché hanno avuto in omaggio un sacchettino d’erba. Tutti e tre sono soddisfatti. Uscendo dal negozio dell’ebreo Mark e Phil sono allegri e ridacchiano!

- E’ fatta Phil! Adesso abbiamo di che passare una bella serata. Spassiamocela! -

I due ragazzi, attenti ad amministrare quel poco denaro, pensano che settanta dollari per mangiare e bere siano troppi, anche perché, non sono dei raffinati gourmet. Due hamburger e due bottiglie di vino sono più che sufficienti per togliersi la fame e riacquistare un po’ di energie rubate dal freddo. Gli hamburger, costano cinque dollari, un paio di bottiglie di buon vino altri quindici e fanno venti. Restano cinquanta dollari che in parte potrebbero essere investiti in LSD, molto più piacevole che il mangiare. Pianificato il menù, decidono di fare la loro piccola spesa. Phil conosce un napoletano, fornito di ogni veleno, che vive poco lontano, a Little Italy. In poco tempo ci arrivano. Il napoletano è un ciccione di oltre un quintale, vecchio contestatore, figlio dei fiori, sessantottino, appassionato dei Doors e di Kerouac. La sua casa ha le pareti tappezzate di poster, uno specchio con l’immagine di Jimi Hendrix e nel bagno, sopra la vasca una veduta della baia di Napoli, ma sessantotto a parte, l’abitazione è piccola e colma di inutile robaccia, l’idea di tristezza pertanto è ancora più marcata.

- Ciao Napoli, come va, hai della roba buona? - Dice Phil.

- Ciao stronzo, a Brooklyn, non ti fanno più credito? - E’ la risposta del napoletano.

- No, lardoso, non è questo il problema, i soldi li ho! Eccoti venti dollari e dacci dell’acido, ma che sia buono, va bene trippone? -

Il napoletano si mette una mano in tasca e ne estrae due dosi di LSD avvolte nella carta.

- Prendi e andate a fare in culo, tu e il tuo amico del cazzo! - Risponde il pusher con la sua innata eleganza.

I ragazzi se ne vanno. L’euforia è tanta. Hanno avuto quello che desideravano, ridono per la contentezza. Corrono da un marciapiede all’altro della strada, continuando a ridere a crepapelle e a scherzare. Sono felici.

- Adesso pensiamo alla pappa. C’è una tavola calda proprio davanti a noi, entriamo. - Dice Mark.

Quattro tavoli apparecchiati senza tovaglia, con un contenitore di metallo per tovaglioli di carta, un barattolo di senape, uno di ketchup e una saliera accolgono i clienti. Ordinano hamburger, vino e Mark anche un piatto di crauti. Mangiano con appetito e dopo aver bevuto le due bottiglie, rifocillati e alticci escono nuovamente al freddo della città. Adesso tacciono. Guardano in silenzio le automobili che passano. Sotto la glaciale sferza del vento camminano lentamente sul marciapiede. Hanno ancora freddo. Si infilano nel primo bar che incontrano, vanno subito in bagno. Phil rolla un joint. Lo fumano. Poi si siedono a bere una birra.

- Tu Phil sei stato in India nevvero? Allora dai, raccontami qualcosa! -

- Sì, una volta, per un viaggio di pochi giorni. -

- E quali città hai visto? -

- Sono stato tre giorni a Bombay, due giorni a Poona e una settimana al mare, a Goa. E' tutta qui l'India che ho visto -

- Sei stato anche a Goa! Non l'avevi mai detto.

E com’è? E’ vero che sono tutti sconvolti e puoi trovare tutto quello che vuoi, nei bar e nei ristoranti? -

- E’ vero, a Goa puoi trovare quello che ti pare e a poco prezzo. Non solo, ma puoi fumare tranquillamente per strada o sulla spiaggia. Nessuno ti disturba, a nessuno frega niente di quello che fai o chi sei. Il sole è sempre splendente, il mare bello e tranquillo. E’ come stare in paradiso, con feste e rave ogni sera dove ti sballi per tutta la notte. Sulle spiagge, grandissime e bianche, si sta tutti nudi e non riesci nemmeno ad immaginare quante belle pollastre, sdraiate al sole ad abbronzarsi, aspettano qualcuno che le rimorchi. -

- Ah che bello. Andiamoci insieme Phil, sì dai andiamoci. -

- Eh, purtroppo per andarci servono tanti soldi e a noi chi ce li dà? -

- Inventiamoceli in qualche maniera e scappiamo via, fuggiamo da questo gelo, sballiamoci al caldo, con tutte quelle squinzie. - Ribatte Mark e continuando: - Lo sai che quest’erbetta è proprio buona! -

- Sì, non c’è male, niente affatto male. -

Bevono un’altra birra e fumano ancora una canna nel cesso del bar. Continuano per tutta la sera a parlare dell’India e di quello che farebbero se potessero andarci, fino a che, dopo aver esaurito tutto quanto c’è da sognare su Goa, arriva l’ora di chiusura del locale. Sono le due del mattino. I soldi sono finiti. E’ tardi. Non resta da fare altro che andarsene a dormire. Si sono lasciati solamente qualche dollaro per tornare in taxi e salgono sul primo che passa. Il tassista, un ragazzo della loro età, guida ascoltando a palla musica rock e chiede se debba abbassare il volume della radio. Gli rispondono che va benissimo così. Inizia la traversata di Manhattan.

E’ tutto deserto, non circola nessuno, taxi a parte. E’ tardi e il freddo continua a pungere. I nostri amici però stanno bene, sono euforici, allegri e ben disposti verso la vita, almeno questa sera. Mentre passano sul ponte di Brooklyn sono colpiti dagli innumerevoli riflessi che l’acqua manda nella loro direzione. In mezzo a quello sfavillio di luci, Phil sofferma lo sguardo sulle barche e sorride.

- Hai visto Mark come sono buffe le barche qui a New York? Le barche, come gli uccelli, rappresentano la libertà, ma qui prigioniere, soffocate dai liquami delle fogne, dallo smog dell’aria, strette nella morsa del cemento sono patetiche. Immagina un gabbiano che voli fra le nuvole di un temporale con le ali unte di grasso. In questa condizione, la libertà perde di significato e perfino il sublime diventa ridicolo. Conosci Baudelaire? Il suo albatro? Quel principe del cielo è come una di queste barchette, prigioniero e ridicolo. -

- Tu Phil pensi veramente che l’ambiente abbia tutto questo valore, non pensi che forse sia più importante essere piuttosto che stare? Sì, insomma voglio dire che l’essenziale non è dove sei... ma chi sei. Se sei qualcuno, lo sei dappertutto. Gesù Cristo, ad esempio, è sempre Gesù Cristo, sia in Palestina che a Broadway. -

- Mark, si può sapere che stai dicendo? Stiamo parlando di una cosa qualunque e tu salti fuori con Cristo. Cristo non è una cosa qualunque. Egli è l’Assoluto. Per Lui non esiste termine di paragone. Dio non è confrontabile con niente. Come ti può venire in mente una cosa simile. Qui si sta parlando di me, di te, di gente e di cose che non contano un cazzo e purtroppo per chi non conta niente, questa città, con tutto lo schifo che c’è in giro, è castrante. Per noi, gentaglia di tutti i giorni, la vita è brutta e difficile e tale sempre resterà se non si farà qualcosa per cambiarla, per cercare in qualche maniera di renderla più vivibile. -

Il taxi giunge a destinazione. I due amici abitano ad un solo isolato di distanza l’uno dall’altro. Scendono insieme. Si salutano. Mark scompare in un vicolo. Phil si avvia verso casa a piccoli passi fumando una sigaretta, le mani in tasca, e comincia a riflettere che andare in giro tutta la notte per poi arrivare di nuovo in questo posto allucinante, per avere domani i medesimi problemi di oggi che erano già di ieri, non sia il massimo. Non c’è scappatoia e soprattutto non c’è futuro, perché il futuro si realizza attraverso il tempo, mediante il susseguirsi di fatti e azioni che determinano lo scorrere del presente, ma in mancanza di tali eventi la vita assume quel carattere di quotidianità immutabile che la rende simile all’eternità, dove non esistono possibili contaminazioni temporali, quali passato, presente e futuro. Come asserisce Orwell, chi controlla il passato, controlla il futuro, ma si dovrebbe averlo un passato e allora si avrebbe anche un presente e quindi un futuro, ma io e Mark sino a oggi, cosa siamo stati? Niente! Solo due oziosi perdigiorno che hanno sempre vissuto di espedienti né abbiamo fatto nulla di realizzativo, tanto meno di propositivo. Abbiamo vissuto biologicamente, senza dare ascolto, se mai ne abbiamo avuti, a stimoli esistenziali. Abbiamo preso soltanto quel poco che, senza sforzo e senza impegno, siamo riusciti ad arraffare e in questo non siamo stati nemmeno dei ladri, al più degli scippatori, la categoria più bassa di ladri. Mark ha detto che si dovrebbe essere Gesù Cristo, per avere la possibilità di andarsene da qui, ma non è necessario essere veramente un dio. Basterebbe compiere azioni tali da potergli assomigliare, tanto da sembrare di essere toccati dalla grazia divina. Sarebbe sufficiente che la gente possa credere di trovarsi al cospetto di un essere superiore che, anche se di natura umana, abbia in sé la fede. Un uomo con il dono dell’illuminazione. Quanti ve ne sono così! Persone che sono venerate come dei soltanto perché si crede riescano a dialogare con l’Eterno, così reputate perché la fede ha il potere di trasfigurare le cose reali in soprannaturali e miracolose. E allora considerando che la fede è la più forte delle forze, chiunque frugando tra le proprie superstizioni riuscirebbe a trovare l’energia adatta per credere di essere al cospetto di un dio, perché nella fede c’è compendio di potere e di volontà, e la volontà, in siffatte condizioni, può compiere azioni mirabolanti, al limite dell’incredibile. Quale persona, trovandosi dinanzi ad un uomo venerato come un dio, non lo accetterebbe per quello che rappresenta ed avrebbe l’arroganza di sentenziare che possa trattarsi di mera millanteria? Nessun uomo di fede sarebbe così avventato da scartare a priori una simile meravigliosa possibilità, e ci sarà sempre qualche fanatico che vorrà crederci a tutti i costi. Immerso in queste fantasticherie, il sonno coglie profondamente Phil nella sua stanza di Brooklyn e lo carica di sogni. Nel sogno si trasforma in un uomo che abbaia e mugola come un cane, anche se di fatto è un uomo e ne ha le sembianze. Latra, ringhia e suda dalla lingua. La gente che lo vede fugge da lui, lo allontana perché può essere pericoloso, ha paura di essere morsa. La condizione di cane lo domina sempre più e si ritrova a camminare carponi. Gli arti si trasformano in zampe, la pelle si ricopre di pelo, non vede più i colori, distingue soltanto tonalità di grigio e va annusando tutto, schizzando urina ovunque. E’ diventato un cane, ma ora nessuno lo guarda più perché ha perso il senso provocatorio dell’innaturalità. Un cane che fa il cane è del tutto normale. Prova a ringhiare, però nessuno scappa. Non fa nemmeno paura. Per lui non ci sono sguardi, non ci sono parole, è completamente solo, abbandonato a se stesso, vorrebbe una carezza che nessuno gli dà. Ha fame, si sente randagio e negletto. Si sveglia tutto sudato. L’incubo è finito, ma ancora sente in sé una sensazione di frustrazione. Nel suo animo scende un velo di profonda tristezza e vi si abbandona. Poi vinto dal sonno si riaddormenta.

 

 

 

18 dicembre

Seduto su una panchina di Central Park, alle undici del mattino, Phil per ingannare il tempo sta leggendo un giornale, ma in realtà non legge, distratto continuamente dai rumori che gli arrivano da ogni direzione. Ha telefonato a Mark. Vuole vederlo. Non c’è sole. Il cielo è grigio, l’aria è rigida. Un senso misto di svogliatezza e d'indifferenza pervade l’animo del nostro amico. Ma ecco che Mark sta arrivando.

- Ciao Phil, c’è qualcosa di nuovo? Perché mi hai dato quest'appuntamento? Hai forse una buona idea per spassarcela un po’ oppure aspetti da me l’imbeccata, perché se così fosse ti avverto subito che stiamo perdendo tempo. Non ho nemmeno cinque dollari per il cinema. -

- Vedi Mark, stanotte non sono stato bene. Ho avuto una nottataccia, rimuginando sui discorsi di ieri sera e sono giunto alla conclusione che, poi è solo una constatazione perché lo penso da sempre, il nostro malessere, il nostro scontento non dipende dalla mancanza di denaro, piuttosto dal nostro carattere, dall’accidia, dalla voglia di non impegnarsi in niente. Ci lamentiamo in continuazione del nostro stato, ma abbiamo mai fatto qualcosa per cambiarlo? Ci siamo mai interessati a qualche progetto che possa ridefinire i nostri limiti sociali? No! Siamo sempre stati solamente capaci di lagnarci, di piangerci addosso, di commiserarci e neppure una volta c’è passato per la mente che niente nasce dal niente, niente si autogenera, perché qualsiasi cosa, per quanto piccola possa essere, deve essere cresciuta, coltivata, programmata. Per come ci siamo comportati, i nostri desideri, le nostre aspirazioni sono rimaste solo dei sogni e non si sono mai concretizzate, perché la loro realizzazione avrebbe richiesto azione, lavoro e sacrificio, tutte cose che sono troppo lontane dal nostro sistema di vita. Vogliamo fare la bella vita e va bene, però industriamoci in qualche maniera per raggiungere quest’obiettivo, perché appunto, dal nulla si genera soltanto il nulla. Di lavorare non se ne parla nemmeno. Con il lavoro non otterremmo niente. Riusciremmo solo ad essere stanchi. Proviamo invece a vendere sogni, illusioni, speranze, però vendiamo senza chiedere denaro in cambio. So che ti può sembrare assurdo cercare di trarre guadagno da un’impresa in cui si dà senza contropartita, ma ascoltami e capirai. Il sistema stesso, una volta avviato, ci procurerà quello che vogliamo e non dovremo sforzarci per averlo perché ci arriverà quasi fosse un regalo, ma prima dobbiamo dare. E’ indispensabile che si faccia così. Non può essere altrimenti. -

- Ma che significa vendere gratuitamente illusioni, cosa vuol dire? - Chiede Mark.

- E’ semplice, si tratta soltanto di ottenere senza chiedere, ovvero farsi dare, pretendendo nulla in cambio, praticamente cercare di avere dei regali. Quando si regala, si è più munifici e più propensi a offrire anche ciò che non ci si potrebbe permettere di dare e questo perché il gesto del dono va sempre oltre il mero valore di quello che si dona. Immagina che ciò che vogliamo ci venga elargito sotto forma di voto o, se preferisci, di carità. Non chiediamo nulla se non la fede, che non costa nulla. -

- Phil, ti giuro che continuo a non capire. -

- Ma sì che hai capito. Ti ricordi quando ieri sera hai parlato di Cristo? Quando hai detto che Gesù, ovunque si trovi, è sempre Gesù? Ecco! Inventiamoci un nuovo Gesù Cristo! -

- Dì, ma sei matto? Sei fatto? O forse stai solo cercando di prendermi per il culo, perché non vedo proprio dove sia il divertimento. Ieri sera io parlavo così, senza pensare troppo a quello che dicevo. Intendevo solo dire quanto sia importante essere qualcuno e fare l’esempio di Gesù Cristo forse è stato assurdo, ma era tanto per parlare. Vorresti forse coprirti con un saio e cingerti il capo di spine, martoriare il tuo corpo col cilicio e magari relegare me al ruolo di cireneo o che so io del buon samaritano? No, non ti seguo proprio, non riesco a scorgere il nesso tra questa tua bislacca idea e noi due, anche se forse ho paura di aver capito. Dovremmo andare per le strade di Manhattan a predicare il Vangelo. Ecco, pensi ad Hare Krishna, qualcosa di simile agli Arancioni. E’ questo che vuoi fare? Vuoi metterti a fare il santone? Ormai è fuori moda. A New York di pazzi predicatori se ne sono visti di tutti i colori e di tutte le razze. Sarebbe questa la buona idea, secondo te, la svolta? Sei proprio rincoglionito! -

- Macché rincoglionito, sono sveglio e lucido, altroché! Non voglio raccontare frottole alla gente per strada, non voglio sciorinare passi del Vangelo o salmi della Bibbia, voglio semplicemente dire che la gente venga a me, richiamata dalla fede che emana la mia carismatica persona. E’ qui il machiavello. Costruirsi un carisma! E secondo te si può essere più carismatici di Gesù Cristo? -

- Sì, come no, voglio proprio vedere qualche signora che uscendo da Cartier o da Saks venga a Brooklyn a trovare te che fa il galileo e parli del Padre, dello Spirito Santo… e così sia! Te la immagini la scena e soprattutto non credi d'esser un poco presuntuoso, non ti viene in mente, nemmeno per un attimo, che nella migliore delle ipotesi potresti essere scambiato per pazzo o quanto meno per uno svitato. Sei proprio sicuro di riuscire a interpretare un ruolo così difficile? Non hai pensato che sostenere con credibilità una parte simile sia, a dir poco, molto impegnativo? New York è già piena di questi Cristi e c'è una infinità di case di cura per malati di mente ricolme di Napoleoni, di Abrami Lincoln ed altri personaggi. Giù nella 15th strada c’è un tizio che crede d’essere la reincarnazione di J. F. Kennedy e non t’immagini quanti stronzi conosco che si credono Rockefeller. No, non mi pare per niente che la tua sia una trovata brillante . -

Si alzano dalla panca e cominciano a camminare. Un gruppetto di ragazzi gioca a baseball e più in là c’è un piccolo congresso all’aperto di pacifisti, un sparuto gruppetto di persone che soffre di utopie.

- O.K. Mark, hai ragione, ma se vedessi un uomo crocifisso o meglio se ti dicessero che a Brooklyn c’è un tale su un crocifisso, uno che sta in croce, ebbene non mi dirai che tu non correresti laggiù per vederlo. Probabilmente per sola curiosità, ma ci andresti. Non capita mica tutti i giorni di assistere ad una crocifissione! L’uomo ha bisogno di vedere continuamente cose nuove per credere poi sempre alle stesse e a Cristo c’è tanta gente che da duemila anni crede. Oggigiorno nelle religioni, soprattutto in quella cristiana, manca l’elemento speculativo. Tutti noi, ciascuno a proprio modo, siamo credenti in qualcosa, ma dobbiamo crederci solo attraverso la fede più rigorosa. A noi credenti non è data la possibilità di discernere con la ragione e il raziocinio. Dobbiamo sempre e incondizionatamente accettare il messaggio con il beneficio del dogma né ci si può documentare se non attraverso gli scritti di teologi o bolle papali e questo ormai accade dall'inizio del cristianesimo. Dalla morte di Cristo nessuno ha più avuto la possibilità di accertare con i propri occhi l’esistenza del Redentore. Che Egli si sia sacrificato per noi è un fatto ormai assodato, tutti i fedeli lo sanno e vivono in questo concetto la loro religiosità, ma mi dici cosa non darebbero per poterlo vedere solo per un attimo? Perfino il più convinto dei credenti sarebbe tentato dal miraggio dell’apparizione del Salvatore. Anche se credere in un altro Dio, capace di ripetere il martirio del Nazareno, sia un sacrilegio perché a noi cristiani non è dato avere altro Dio all’infuori di quello che abbiamo, chiunque sarebbe indotto a commetterlo, nella speranza che Gesù sia tornato per redimerci ancora una volta dai nostri peccati, per indicarci la via del Paradiso. Tutti ci vorremmo beare della vista di Nostro Signore! Vedi Mark, oggi tutto è scontato. Da duemila anni crediamo allo stesso racconto sulla parola, non ci poniamo più domande, perché tutte quelle possibili e immaginabili, in questi due millenni, c’è chi le ha formulate per noi ed ecco che allora ci sembra che Cristo e la sua passione siano fatti storici, dai quali niente si può più trarre. La realtà è che in questa nostra religione dogmatica e accettata per tradizione, manca il virus della ricerca, il desiderio e la volontà di capire. Ma poter vedere con i tuoi occhi Cristo in croce, pensaci! Immagina quante idee ti passerebbero per la testa e quanti inquietanti interrogativi ti mulinerebbero nel cervello. Non dovresti più credere soltanto sulla parola, non saresti più costretto ad accettare passivamente la storia, ma vivresti l’evento nella sua cruda realtà e allora se soltanto per un istante verrai da questo toccato nel tuo animo, sarai irrimediabilmente spinto a credere e ne sarai soggiogato. Dopo un fatto tanto sconvolgente in te tutto perderà d'interesse, perché ogni anfratto del tuo spirito sarà messo sottosopra. Ti ritroverai a pensare, ora dopo ora, all’accaduto, finché con il trascorrere del tempo i tuoi occhi, abbacinati per aver veduto Cristo, non vedranno più come una volta e non ti sarà possibile tornare indietro. Camminerai soltanto in quella direzione. Per te non ci sarà altra meta che la verità. Ora immagina cosa potrebbe succedere se questo accadesse a milioni di persone. Se folle oceaniche di gente assistessero a questo episodio, tu credi che tutto resterebbe come prima? Tu pensi che il mondo non ne sarebbe sconvolto? Ah, mamma mia, già vedo la scena e i volti delle persone che esprimono angoscia e delirio. Ci sarebbero individui in preda al terrore che urlerebbero, piangerebbero ed altri pervasi da crisi mistiche gioirebbero e si sentirebbero beati. Non può essere che così. E’ chiaro che dovrebbe essere usato ogni mezzo di comunicazione disponibile, TV, radio, giornali, fotografie, tutti i mass media, in modo che il mondo intero venga a conoscenza della nuova passione di Cristo. Si potrebbe in tal modo aprire una nuova via per la massificazione della fede. L’umanità intera sarebbe coinvolta nella rappresentazione della passione e potremmo essere noi due a rinverdire il fatto storico e rievocarne la dottrina. Ecco quale sarebbe per noi la vera svolta, quella decisiva e da qui finalmente cominceremo a scandire il tempo del nostro futuro. -

- Dio mio Phil. Qualcosa nella tua testa si sta trasformando in follia, perché non c'è dubbio che stai parlando soltanto di assurdità, ma almeno per il momento dimentichiamo tutte queste fantasie strane e bislacche e studiamo invece un modo di rimediare la serata. Che ne diresti di andare a bere una buona birra dal Francese? -

- Ma sì andiamo, forse hai ragione tu, eppure l’idea non è poi tanto pazza, ma solo difficile da realizzare, però chissà... -

Il Francese, un tipo alto non più di un metro e sessantacinque, completamente calvo, si rade ogni mattina il capo facendosi la barba e porta un orecchino a cerchio al lobo sinistro. Ha dei denti straordinariamente bianchi e un naso aquilino che conferisce al suo volto un aspetto un poco arcigno. Snello, sui quarant’anni, arrivato a New York aveva detto di essere scappato dalla Francia per avere commesso reati contro lo Stato. In realtà il Francese è soltanto un ex hippy che, in America, facendo qualche imbroglietto è riuscito a mettere su un piccolo bar, la Grenouille, dove gli avventori non mancano mai perché resta aperto tutta la notte, vi si serve un'ottima birra, si possono mangiare dei panini favolosi, il tutto accompagnato da musica e belle ragazze. Poi, quanto a spacciarsi per rifugiato politico è solamente un vezzo per darsi un po’ di lustro in mezzo a quell’accozzaglia di piccoli balordi che frequentano il locale. E’ molto amico di Mark. Avevano lavorato insieme come fattorini postali alcuni anni prima, nel periodo in cui la polizia aveva chiuso la Grenouille per il sospetto che vi circolasse della droga, ma appena dopo soli tre mesi di chiusura il Francese, scagionato da ogni sospetto di colpa, smise di recapitare telegrammi, riaprì il locale e riprese il suo lavoro di barista. Anche Mark subito dopo abbandonò quel lavoro perché rendeva poco e stancava molto. Un tipo di attività non adatta a lui che vorrebbe sempre guadagnare molto, facendo però poca fatica. Era stato un errore di gioventù. Quando si è giovani si è puri, si travisa facilmente la realtà e ci si inganna con i valori della vita. Così avviene per tanti e così era avvenuto anche per Mark. A la Grenouille, i due amici bevono parecchie birre e tra un boccale e l’altro stuzzicano tutte le ragazze che entrano nel locale, tranne quelle accompagnate, ma non combinano nulla e dopo tre ore si ritrovano soli come sono entrati e per di più anche un po’ brilli. Escono in strada con il solito freddo e il vento che fischia sopra le loro teste, ricordandogli ad ogni passo quanto siano miserabili e che comunque anche se avessero trovato due ragazze non avrebbero potuto portarle da nessuna parte. Non hanno un posto tutto loro, una casa da non dividere con altri, dove non dover coabitare con fratelli, cognati, genitori. Sono le undici, troppo presto per andare a dormire, troppo tardi per organizzare una serata, cosicché si mettono nuovamente a fantasticare sulla maniera di risolvere, in un futuro molto prossimo, i loro perenni problemi di sopravvivenza. Innumerevoli sono le idee, ma tutte presentano difficoltà per loro insormontabili. Una è complicata, un’altra dispendiosa, una terza richiede troppo sacrificio e sia Mark che Phil non sono costituzionalmente portati a fare sforzi che li impegnino per molto tempo. Sacrificarsi per un breve periodo può anche essere accettabile, ma dedicare la vita a rinunce e tribolazioni non rientra nelle loro previsioni. Non c’è posizione abbastanza valida e socialmente elevata che meriti tutto ciò. Ci vorrebbe un’idea che si possa realizzare subito, senza troppe difficoltà, che dia soprattutto dei risultati rapidi, perché a New York comincia a fare troppo freddo e lo Yucatan sta aspettando. Mark da parecchio tempo vuole andarci e potrebbe essere il miglior luogo per passarvi l’inverno. Hanno entrambi bisogno di crogiolarsi al sole delle spiagge messicane, di bere tequila, anziché essere ogni giorno costretti a inventarsi qualcosa per superare i problemi contingenti. Desiderano ardentemente dare una svolta alla loro vita, definitivamente. Dopo lo Yucatan, con un camper potrebbero partire per un lunghissimo viaggio attraverso l’America centrale, per poi arrivare in Venezuela e da lì, passando per il Perù, giungere in Brasile che Phil adora. Da buoni amici, stabiliscono di vivere alcuni mesi dell’anno a Rio de Janeiro ed altri nello Yucatan. Sono concordi su questo, come sono d’accordo che prima di fermarsi per sempre da qualche parte, dovranno compiere numerosi viaggi per conoscere tutto quanto sia possibile vedere e dove non potranno andare in camper, vi arriveranno in aereo o in nave. Viaggiare leggeri è più pratico, non dovendo ogni volta affrontare viaggi massacranti in auto. Sì, senza dubbio è questo il sistema migliore. In India potrebbero viaggiare in autostop per cogliere da vicino l’essenza intima della civiltà indiana. Laggiù Phil comprese, per la prima volta, d'essere soltanto una cosa nell'universo e di essere parte di un ciclo di realtà che si compie nel tempo e che solo nel tempo trova il suo epilogo. Al lago Dal, nel Kashmir, passerebbero giorni stupendi con Sultan e Good Connection, due mercanti indiani che Phil conobbe a Goa. Dal Kashmir andrebbero nel Ladakh. Stando vicino ai monaci buddisti forse scopriranno quella verità di cui tanto hanno sentito parlare e di cui mai sono venuti a conoscenza. Quindi visiterebbero Benares con i suoi templi e poi il Bangladesh per osservare le abluzioni dei fedeli nel sacro Gange. Di seguito si recherebbero nel Nepal, nel Bhutan, sulle vette innevate dell’Himalaya. Sogni, soltanto sogni scorrono come un fiume nella loro fantasia e tanto grande è il desiderio che si realizzino che spesso si dimenticano di fantasticare ed allora si trovano a discutere sugli spostamenti da farsi per arrivare a New Delhi o a Mazar-i Sharif. Continuando a sognare proseguono verso Brooklyn. Il mare, tristemente con le sue fioche luci, ricorda loro che anche questa sera dovranno tornarvi, tra lo squallore delle vie degradate e la fatiscenza dei palazzi malandati, perché è là che vivono con le loro famiglie. Quella di Mark ci vive perché è povera, quella di Phil perché il padre, italiano, lì è nato e lì vuole morire. Phil non riesce a capirlo. Non crede sia molto importante il luogo dove si nasce, bensì dove si vive e lui vuole vivere un po’ ovunque. Arrivati alla soglia di casa di Mark, si salutano, dandosi appuntamento per l’indomani. Phil se ne torna tranquillamente a casa, senza sentire la solitudine della notte ed ha in volto l’espressione di chi, dopo un lungo travaglio interiore, è riuscito a fugare il tormento che l'ha scosso.


 

 

19 dicembre

New York all’alba, soprattutto d’inverno, ha un aspetto metafisico e spettrale. Gli altissimi palazzi avvolti nel gelido grigiore, con tutte le finestre buie sulle strade deserte sembrano montagne di un arido, inabitato paesaggio lunare dove non c’è alcuna forma di vita e i rumori che si sentono assomigliano ai gemiti di un mostro addormentato. I grattacieli, torri mute, si stagliano nel cielo livido, creando, con le loro vetrate, giochi di riflessi sinistri che ancor più rendono l’immagine di un mondo inospitale. Solo taxi che passano o nottambuli che rincasano alle prime ore del giorno rompono la monotonia di quella quiete mortale che invade le strade, ma lentamente, di minuto in minuto, la città comincia a vivere e in un crescendo di piccoli e inarticolati suoni, il silenzio si muta in frastuono, la luce invade le vie, le piazze e i vetri trasformano i loro riflessi in immagini vive e in movimento. I colori prendono tono, persino l’aria cambia perché si modificano i profumi. In strada si iniziano a vendere giornali, caffè, hot dog e più il giorno avanza, più lo scenario si anima e si riempie di vita. In questo mattino di fine dicembre c’è il sole. Un sole timido che pur non essendo ancora riuscito a disperdere completamente la foschia, fa sentire la sua morbida carezza e va accendendo sempre più i colori. Per essere quasi Natale è una bella giornata e con il sole tutto sembra migliore e più sopportabile. Persino il risveglio è più gradevole. Phil si è svegliato invaso da una piacevole, indefinibile euforia. Ha dormito bene, ha fatto sogni riposanti e il profumo del caffè che la madre gli ha portato lo ha commosso, lo ha ricondotto a ricordi di un passato che è stato bello. Adesso, forse per la prima volta prova su se medesimo cosa intendesse dire Proust con la sua Recherche che ha letto e tanto amato. Quell’aroma schiude per Phil le porte di un mondo meraviglioso fatto di complessi ricordi che gli tornano in mente a velocità supersonica. Come al volante, le strisce dell’autostrada ti vengono incontro tanto velocemente che sembra debbano inghiottirti, così un groviglio di rimembranze invade la sua mente. Pensieri e azioni scorrono repentinamente nella sua testa, decantando immagini isolate e nitide che nella loro sporadicità vanno costruendo un mosaico fatto di passioni, amori, sentimenti, da cui prendono vita sensazioni dolci e amorevoli che gli infondono pace e distensione. Con questo stato d’animo Phil torna a riflettere sui discorsi fantasiosi della sera precedente ed ora, alla luce di un esaltante ottimismo derivante dalla momentanea condizione di beatitudine, l'idea della crocifissione gli sembra realizzabile, non facile certamente, ma nemmeno impossibile. Però, da dove iniziare? come un architetto che, davanti al tecnigrafo, lentamente, comincia a segnare le prime linee guida di quello che sarà il progetto finale, così Phil nella sua mente pone le basi della sua architettura. Prima di tutto bisogna trovare chi sia disposto a interpretare il protagonista del sacrificio, quindi il pubblico adatto alla rappresentazione, la gente appropriata per la giusta platea. Il resto verrà di conseguenza. Nessuno resisterà alla tentazione di vedere Cristo in croce. Sfruttando con intelligenza le manie religiose della gente, sicuramente riuscirà nell’intento. Ormai vede la cosa solo in termini di guadagno e non pensa più alle difficoltà di realizzazione. Non avverte grandi preoccupazioni né complicati problemi da risolvere. Crede troppo nella dabbenaggine del prossimo per non essere fermamente convinto della positività del risultato, ma bisogna subito cominciare a studiare i particolari e fare opera di persuasione verso Mark, parte essenziale del progetto. Deve subito trovarlo e parlargli. Lo chiama al telefono, ma gli dicono che non è in casa. Frattanto Mark, non sapendo di essere cercato, se ne sta seduto tranquillamente su un argine dell’Hudson fumando una sigaretta e gettando sassi nell‘acqua. Ha gli stessi problemi di Phil. Sente il bisogno di uscire da quella condizione di indigenza fisica e morale. Non ne può proprio più di vivere alla giornata, dovendosi sbattere ogni giorno per risolvere anche i più piccoli problemi, purtroppo però non sa fare niente di particolare, non conosce alcun mestiere e non avendo tanta voglia di lavorare il dilemma non è di facile soluzione. Gli tornano alla mente le parole che la sera prima gli ha detto l’amico. Tentare qualcosa che sia eclatante e rapido, che sciocchi la gente sino a toglierle il respiro, ad ammutolirla con la cruda e feroce violenza dell’evento. Chiacchiere! Come possono raggiungere tanto magnetismo due sbandati quali loro sono? Come riuscire a soggiogare delle persone, addirittura inventandosi una nuova passione di Cristo? E’ solo megalomania o peggio ancora, pazzia e ammesso che oggettivamente ci siano delle possibilità, come gestire un simile progetto? E’ invece certo che finirebbero entrambi in prigione e potrebbero anche essere racchiusi in un manicomio criminale. Non intravede altro epilogo per questa spudorata impresa. Inoltre non reputa giusto, solamente per denaro, arrogarsi il diritto di bestemmiare pubblicamente, di compiere un sacrilegio e beffare i credenti in maniera tanto atroce e crudele! Ha sempre ritenuto che non sia necessario credere in Dio, ma non per questo lo si deve bestemmiare né infangare il nome. Procurarsi da vivere è lecito, però con altri sistemi. Mark, sebbene non sia religioso, è a suo modo credente. Il mondo del trascendente non gli ha mai procurato problemi esistenziali, essendosi limitato a credere che un Dio debba comunque esistere e anche se non lo prega mai, pensare che ci sia gli infonde sicurezza. L’esistenza di un'Entità superiore è la sua ancora di salvezza nei momenti difficili, quando non trova risposte a determinati enigmi. Concludere sempre in Dio ogni elucubrazione metafisica è la sola via che lo avvicini al Padreterno. Ed ora, instaurare una messinscena che dileggi questa sua fede lo affligge e lo terrorizza perché nella sua ingenua e genuina spiritualità, per le sue, a volte, poco ortodosse e criticabili azioni, sempre si è trovato comode giustificazioni rifugiandosi nel trascendente. Ha fatto un patto ben preciso con la coscienza, la quale deve farsi sentire soltanto quando commette qualcosa di nocivo per il prossimo o che possa offendere l’amor proprio altrui. Queste e soltanto queste sono le azioni che Mark considera peccaminose, ovvero gli atti che distruggono la sfera di libertà altrui, mentre i fatti giornalieri che caratterizzano lo scorrere della vita, anche se a volte discutibili secondo il senso comune, sono ampiamente accettabili, perché per sopravvivere in qualche maniera bisogna pur superare le momentanee esigenze e in questo caso la coscienza non deve in nessun modo annunciare la propria presenza accusatrice. Innanzi a sé guarda il fiume scorrere tranquillo. Il calmo fluire dell’acqua rappresenta un’oasi di pace nella concitata vita della città. Nella complessità dello scenario urbano, il fiume che conosce la storia di tutti perché, da millenni scorrendo su quei fondali, ha visto un’infinità di storie ed ha ascoltato i lamenti di tanta gente, quale giudice dotto e incorruttibile, pronto a emettere il verdetto, guarda Mark. Scrutato e vivisezionato centimetro per centimetro dai mille occhi del fiume che cercano tracce di colpa nella sua anima, Mark ansioso attende il responso, il fiume però non risponde e dopo averlo analizzato in ogni sua cellula, chiude tutti i suoi occhi e continua a scorrere tranquillo, assumendo l'eterno aspetto che gli compete. Il colloquio con il fiume è terminato. Mark è spossato e stanco, come all’alba di una notte insonne. Pervaso da un lacerante senso di colpa e di insoddisfazione, l'irrequietezza si impossessa del suo spirito. Il mattino volge all’epilogo e per la verità in maniera greve. Allora perché non fare una visita all’amico e combinare una serata allegra, per riscattarsi da questa cervellotica mattinata? Alle tre del pomeriggio, Phil se ne sta sdraiato su una di poltrona della sua camera ad ascoltare un vecchio pezzo di Jim Morrison che parla di cavalieri del cielo, una musica dolce e toccante che evoca fantasmi di un passato lontano. Assorto nell’ascolto, Phil vede comparire Mark nella sua camera.

- Ciao, cosa hai fatto stamattina? Ho provato a chiamarti, ma mi è stato detto che eri fuori. Hai da fumare? -

- Sì, un po’. -

- Dai allora, rolla e ascolta questo vecchio brano dei Doors, lo rimetto dall’inizio. -

La musica inizia. Mark, ad occhi chiusi, segna il tempo con il capo mentre Phil contempla immobile il soffitto. Non si dicono una parola per parecchi minuti, quando inaspettatamente Mark chiede all’amico di parlargli del suo progetto, sottolineando però quanto sia solamente una intrigante follia, una grossa beffa. Un'idea assurda e sacrilega, anche se affascinante.

- Vedi Mark, tu non hai ancora capito che se noi siamo così è perché non crediamo più in nulla, non abbiamo più niente in cui riporre fiducia. Di tutte le cose, non vedendone lo scopo, non afferriamo il significato, mentre scontenti e inappagati trasciniamo i nostri giorni inconcludente-mente. Sapessi quanta gente è come noi, quanti darebbero un occhio per avere fede e credere in qualcosa. Perché avere un credo significa dare impulso alla nostra vegetale esistenza. In questo mondo distrutto dalle guerre, falcidiato dalla fame e dalle malattie, in questo consorzio umano che diventa sempre più marcio c’è, forse come mai in passato c’è stata, la necessità di dare un fine nobile e vero alle nostre azioni, di offrire un significato alla nostra vita per riempire di gioia le giornate e ritrovare la speranza nel futuro. L'umanità priva di stimoli vive oggi in un arcipelago di illusioni circondato dal mare del nulla e dell’indifferenza, e riempire questo grande vuoto, trasformando le frustrazioni e i sogni irrealizzati in realtà è senza meno un atto meritevole di lode e di vanto. Mutare l’apatia in fede e convertire gli agnostici alla religione, non credi sia un'azione caritatevole, pregna di sublime cristianità? La nostra messinscena ci porterà sicuramente un buon guadagno, ma anche con questa venale funzione sarà sempre un atto di bontà. Anche la Chiesa trae profitto da situazioni di ogni genere per portare avanti il Verbo e in questo c’è una logica ben precisa. Al pellegrino non interessa sapere quanta e quale economia si celi dietro una visita al Santuario. Il credente chiede solamente di pregare, di mortificarsi e di attingere da questi comportamenti nuova linfa per la sua religiosità, quindi perché sentirsi in colpa nell’inscenare una simile rappresentazione? Immagina di essere un attore teatrale o cinematografico che nella Passione di Cristo debba interpretare il Salvatore. Ti sentiresti per questo in colpa? Si sentono forse in colpa quegli attori improvvisati che il Venerdì Santo, nelle sagre paesane europee, rappresentano Cristo nella Via Crucis? Assolutamente no! Allora perché lo stesso discorso non può valere anche per noi! Consideriamoci novelli profeti che si adoperano per la diffusione del Verbo. Non importerà niente a nessuno se questo ci procurerà denaro e gloria. Questi saranno i risvolti secondari del nostro operato e comunque resteranno dei fatti marginali, rispetto alla grandiosità dell’evento. Un evento che rinnoverà il martirio di Cristo in una luce moderna, più cruda, perché il nostro Cristo morirà davanti a milioni di telespettatori. Apparirà fotografato su tutti i giornali e ogni stazione radio ne parlerà con dovizia di informazioni. Tutto il mondo piangerà e si commuoverà per quello che sta accadendo e come in un abbraccio immenso, il mondo legato da questo spaventoso dolore si sentirà finalmente unito e non ci saranno più né poveri né ricchi, né brutti né belli, né felici né infelici, né bianchi né neri, né ariani né ebrei, ma tutti saremo uguali e tutti ugualmente uomini vedremo compiersi il crudele destino che grava sull’umanità. Il destino che impone all’uomo il ruolo di carnefice del suo Creatore. Tutta la scala dei valori sociali sarà rimessa in discussione. Il cattivo tremerà per le sue turpi azioni e il buono impallidirà di vergogna per il proprio narcisismo dinanzi al Figlio di Dio che è tornato sulla terra, ancora una volta a sacrificarsi per noi, indicandoci col proprio martirio la strada che conduce alla pace eterna.

Tutti noi oggi, dopo tanti anni di frustrazioni e di disgusti, aneliamo ritrovare quella via che da fanciulli smarrimmo per calarci nelle sozzure del mondo. -

- Accidenti Phil, sei proprio sconvolto, stai dicendo tante di quelle parole che non ti seguirebbe neanche un registratore! -

- Dunque tu pensi che siano cazzate? -

- No, non voglio dire questo, ma penso che tu non debba farti trascinare dall’euforia. Le tue elucubrazioni sono pura utopia, nonostante tutti gli sforzi che stai compiendo per convincere me e in fondo anche te stesso, perché non puoi essere così ingenuo da immaginare soltanto per un attimo una tale bizzarria seppure, come ho già detto, affascinante. Lo so, per assurdo, sarebbe stupendo realizzare un simile sogno, ma forse questo è il punto, non riesci a capire che stiamo parlando di pura fantasia. Inoltre tu, presupponi una libertà di azione illimitata ed io invece vedo mille difficoltà. T’immagini vendere i diritti alla Tv della crocifissione di Cristo? I manicomi criminali farebbero a gara per ospitarci, altro che incassare i proventi delle proiezioni. Qualcosa del genere si potrebbe anche fare, ma certamente non è facile e spedita, piena di onori e di gloria, come la vedi tu. E’ un’operazione che presenta mille difficoltà e altrettante incognite, e la sua unica possibilità di successo consiste nell’essere fulminea, rapidissima, non dovendo indurre lo spettatore a ragionare su ciò che sta vedendo. Può essere un bel bluff e niente più, forse anche redditizio, ma resta sempre e solamente un imbroglio, per cui per favore lascia perdere i valori catartici e cristiani. Io non sono un grande teologo, ma questa non mi sembra la via corretta per la ricerca del Verbo. Dai profeta, usciamo! -

Fuori è buio, le luci delle vetrine sono tutte accese e una gran moltitudine di persone si affaccenda nelle più svariate attività in ogni angolo della città. E’ la metropoli che vive. Nelle sue strade scorre il traffico come sangue nelle vene e di questo traffico essa si nutre. Il pulsare del suo cuore è simile al battito cardiaco di un corpo animale che prospera o si ammala secondo il fluire della linfa. Questa metropoli sfama ogni giorno quale mamma amorosa milioni di figli e non tutti sono buoni o bravi, ci sono anche figli cattivi e malati che proprio per queste loro difficoltà la buona madre nutre di più e con più amore, perché maggiormente bisognosi di cure. New York è una grande mamma, nel cui grembo prospera e matura ogni sorta di frutto: uomini politici, banchieri, professionisti, attori, poeti, ladri, ruffiani, preti, peccatori, puttane. C’è di tutto e per ogni esigenza. Ogni categoria si arricchisce di contenuti, perché tutti hanno bisogno di tutti. Il politico ha bisogno del ladro, il banchiere del professionista, il prete del peccatore e tutti hanno bisogno delle puttane. Tutto cresce e si amalgama in questo miscuglio umano che è la metropoli. La sua aria pesante può essere nutriente o velenosa e se ti pasce ti fa crescere rigoglioso e ti fa prosperare, ma se ti avvelena ti uccide lentamente e ti consuma, senza che in questo morire tu riesca a renderti conto che stai soccombendo e così ti ritrovi distrutto, a terra, spossato, senza energie e neanche ti sei accorto di essere malato. New York è questa, piena di odio e di amore, splendida e grandiosa, dove tutto è possibile e tutto può accadere nello spazio di un giorno. Per questo è grande ed è meraviglioso viverci. E’ il sogno americano! Anche questa giornata sta volgendo al termine, una giornata trascorsa come tante altre a fare sogni e castelli in aria, mentre il freddo della sera ripropone gli stessi argomenti di sempre: la necessità di avere una casa propria dove trascorrere le ore in ozio completo, al riparo da tutto lo stress cittadino, la necessità di non doversi quotidianamente inventare la vita.

- Senti Phil, ma domani non è sabato? Sì che è sabato! -

- Beh? Allora cosa cambia? -

- Cambia, cambia, perché sabato Jess Caldwell, un vecchio e caro amico, se ne va in campagna, a Saint Joseph, nel New Jersey, dove ha un cottage e mi ha invitato. Potresti venire anche tu, saremo solamente noi tre. Ci farà bene toglierci da qui un paio di giorni per ossigenarci nella fresca e pulita aria della natura. -

- Perché no! Ribatte Phil eccitato, però con un po’ di roba passeremo meglio il weekend, non ti pare? Jess che tipo è? -

- Vai tranquillo, è dei nostri. Ci conosciamo da diverso tempo. E’ colto ed ha viaggiato molto. Con lui ti troverai bene. -

- Abbiamo ancora l’acido che ci ha venduto il napoletano, purtroppo non è molto. Prendiamone dell’altro, io ho qualche soldo, però Little Italy è lontana, andiamo dal Greco. -

Il Greco, uno dei tanti pusher di New York fornito di tutto, è un tipo fidato che vende solo alle persone che conosce. Americano di nascita, lo è però solo all’anagrafe, perché nel suo intimo è rimasto levantino dalla testa ai piedi. Non si sa se sia veramente greco. Alcuni dicono sia turco, ma ad ogni modo sicuramente levantino e ha nel sangue l’arte del mercanteggiare, caratteristica tipica degli orientali. Per lui vendere è importante come respirare e fare all’amore e l’unico lavoro che ha fatto nella sua vita è questo. Vive in un magnifico attico di Brooklyn, in compagnia di donne stupende che tiene soggiogate con tutte le sue droghe e che poi naturalmente scarica quando se n'è stancato, una specie di bestia raffinata che ama le belle cose e adora circondarsi di schiavetti e lacchè. A casa sua c’è sempre una piccola corte di sfaccendati, soprattutto ragazze di cui è molto geloso. Il Greco riceve i nostri amici e per trenta dollari dà loro quattro dosi di LSD. Sia Mark che Phil sono d’accordo sulla scelta della droga. E’ proprio quello che ci vuole per trascorrere due giornate in campagna. Ne potranno offrire anche a Jess. Dopo aver fatto la spesa e aver scherzato un poco con una bella ospite del Greco, Mark e Phil se ne tornano a casa, ma non è ancora così tardi da andare a dormire. E’ stata una giornata amorfa, senza particolarità di sorta, una di quelle giornate di cui si potrebbe benissimo fare a meno. La cosa migliore da fare è troncarla subito con una birra davanti al televisore e poi al letto. L’indomani sarà senz’altro più sorridente, più divertente e allegro e soprattutto sarà diverso, in campagna, lontano da New York.

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