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belisariorighi scrittore fotografo critico d'arte
Belisario Righi
Perugia - Italia
belisario.righi@gmail.com
La stupidità
di BELISARIO RIGHI
Mia madre mi ripeteva spesso: attento alle persone stupide, perché, anche senza volerlo, ti possono mettere nei guai, solo perché sono stupide!
Quando mi diceva questo, sorridevo e pensavo che le persone anziane siano afflitte da un pessimismo organico-genetico e pertanto quello che dicono, sia improntato ad una considerazione negativa della vita, che non dipende dalla loro concezione della vita stessa, ma piuttosto da una progressiva necrosi cellulare cervellotica, che conduce inevitabilmente al pessimismo più sfrenato.
Errore!
Mia madre aveva ragione e senza andare a pensare al decadimento organico.
Se uno nasce stupido, è un dato di fatto. Definito! La sua condizione prescinde da usure, di qualunque natura, esse siano. Non c’è niente da fare. E’ nato stupido. C’è chi nasce biondo, chi bruno, chi nasce alto, chi basso. Lo stupido è nato stupido. E’ un dato di fatto!
Lo stupido è pericoloso! Molto pericoloso! Nella sua stupidità non riesce a discernere tra quello che può rappresentare un vero, effettivo pericolo e ciò che potrebbe essere una facezia.
Egli, lo stupido, vede tutto in termini di una logica da lui elaborata, che non tiene in alcun conto delle istanze del suo prossimo e decreta, giudica, sancisce, da perfetto demiurgo, cosa attenga al giusto e cosa sia invece deprecabile.
Purtroppo è stupido e nella sua naturale condizione, non è assolutamente in grado di discernere tra il conveniente e lo sconveniente e in siffatta situazione, chiunque si trovi ad essere oggetto di una qualche sua considerazione, ne sarà quasi sicuramente danneggiato.
E tutto questo perché? …Perché è stupido!
Ma in questo mare magnum di stupidità, nel quale ogni cosa sembra sia improntata alla faciloneria, al pressappochismo, qual è il nostro ruolo?
Cosa dobbiamo fare noi per liberarci dai tanti falsi amici e finti guru, che pretendono di essere elementi condizionanti della nostra vita e soprattutto saprofiti della nostra spiritualità?
Cosa dobbiamo fare una volta che questi esseri, si siano manifestati come tali?
Il mio amico Righetto di Trastevere direbbe che dobbiamo mandarli affanculo!
Noi non vogliamo essere così prosaici, ma certo dobbiamo allontanarci da questi strani figuri, che in osservanza ad una dichiarata amicizia, ci rendono la vita impossibile e piena di negatività.
Detto questo, allora da dove nasce una spaghettata consumata, alle tre o forse quattro del mattino, su di un muretto ai bordi di Corso Francia?
Nasce da una profonda amicizia che trascende le convenienze sociali e si eleva ad un assunto di più assoluta complicità, che proviene dal rispetto reciproco e si immola alla ricerca del piacere delle piccole cose della vita, sì da rappresentare un semplice divertissement e niente di più.
Le cose belle sono sempre le più semplici, le più naturali.
E molto naturale, sembrava, a me e al mio amico Gianfranco, gustare un piatto di spaghetti a notte fonda, seduti sopra un muretto di Corso Francia alle prime ore del mattino e si badi bene, non si mangiava su piatti di plastica e posate improvvisate. No! consumavamo il nostro strano spuntino su piatti di porcellana, con forchette d’argento 800 del servizio di famiglia e si beveva champagne su coppe di cristallo, sempre di famiglia, mentre le automobili sfrecciavano davanti a noi.
Eravamo stonati? Forse, ma sicuramente eravamo amici. Amici veri.
Amici nella realtà, nell’irrealtà, nell’assurdità. Amici nel rischio e nell’improbabile. Amici! Amanti della vita.
In un triste giorno, tanti anni dopo la spaghettata a Corso Francia, Gianfranco mi disse di essere gravemente malato: Un cancro al fegato. Sì cancro, proprio cancro! Si ha paura a nominare questa parola. Ma il non nominarla, non ne allontana la funesta presenza e il mio amico, quel giorno, non ebbe timore di dirla.
Era afflitto da un tumore, ormai ad uno stadio avanzato, ma questo non modificò i nostri rapporti, sempre improntati alla gioia di vivere e al gusto frenetico e scanzonato della vita.
Fu quella, l’unica volta che si parlò del suo male. Anche in seguito, quando il suo stato di salute peggiorò, si evitò sempre di fare cenno alla sua infausta condizione.
Alcuni anni dopo, venni a sapere da sua figlia che se n’era andato.
Si dice che si muoia due volte. La prima, quando si smette di respirare e la seconda quando nessuno pronuncia più il nostro nome. Da quel momento, si è inghiottiti dall’eternità.
La scomparsa di una persona cara, rappresenta quindi non soltanto la fine di un sodalizio sentimentale, ma è anche, al tempo stesso, una voce che non ci chiamerà più.
Ma Gianfranco, almeno per me, è ancora vivo, perché, nei miei pensieri spesso riecheggia il suo nome.
Quanta e quale differenza nel suo comportamento da quelle persone che ci amareggiano l'esistenza, definendosi infelici, afflitte dal taedium vitae, depresse, ma che in realtà sono soltanto fuori posto, in un mondo che non ama i lagnosi!
Detto questo, forse la spaghettata di Corso Francia nacque da una posizione intelligente nei confronti della vita, mentre certe depressioni, spesso nascono solo dalla stupidità.