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belisariorighi scrittore fotografo critico d'arte
Belisario Righi
Perugia - Italia
belisario.righi@gmail.com
Pazzia e normalità
di BELISARIO RIGHI
Se esiste connessione tra i prodotti della normalità ed i prodotti della follia come é possibile negare alla conoscenza l'apporto della pazzia?
Il mondo della follia dovrebbe essere denso di colori violenti ed allucinanti, popolato di figure fantastiche ed incredibili, dove le reazioni diventano incontenibili e gli appetiti insaziabili.
Ma Nietzsche era matto?
La mente mi va a quel critico letterario, esperto di filosofia il quale decretò, studiando Nietzsche, che certe opere del filosofo potevano essere abbastanza attendibili, perché il pensatore quando le concepì era ancora sano di mente e non già in preda alla pazzia.
Ho sempre pensato quanto fosse singolare che, con tutto ciò che è stato ed ha rappresentato il genio di Nietzsche, vi sia chi vada ad occuparsi di psichiatria.
Questo esclusivismo che taglia fuori a priori il frutto della pazzia mi lascia molto perplesso.
Ho sempre pensato che la genialità tragga le sue conclusioni dalla vita, filtrandole in un vaglio la cui fittissima rete é costituita dall’ inusitato e dall' impercettibile.
Ebbene, così opera la pazzia, perché sconfina dai canoni della pedissequità sociale o morale oggettiva, propriamente detta.
In entrambi i casi, genialità e pazzia, si respira un'aria particolare ed esclusiva, mai banale, con la differenza che mentre la genialità creativa ha il potere di coagulare i suoi impulsi, la pazzia disperde le intuizioni in un susseguirsi caotico di fatti e di elementi.
Poincaré ha dato della creatività la seguente definizione: capacità di unire elementi preesistenti in combinazioni nuove che siano utili, ma aggiunge anche che, il criterio intuitivo per riconoscere l'utilità della combinazione nuova è che sia bella, non necessariamente in senso estetico, ma elegante, armonica, rispondente funzionalmente allo scopo.
Paragoniamo le idee del genio a dei cubi, i quali opportunamente collocati gli uni sugli altri riescono a formare un insieme ben preciso e le idee del pazzo a delle biglie con cui è impossibile costruire qualcosa di stabile.
Però è stato anche detto: un uomo che ha un'idea nuova è uno svitato finché quell'idea non ha successo (MarK Twain); la creatività è l'arte che può far nascere rapporti metaforici visionari in opposizione ai legami puramente psicologici (Carl Gustav Jung). E allora essere svitati, avere con la realtà rapporti visionari, non sono forse comportamenti che devono ascriversi a chi comunemente viene definito pazzo?
Qual è quindi la linea di demarcazione tra la normalità e la pazzia? Dov'è questa sottile linea di confine? Personalmente credo che non esista, mentre sono convinto che la follia sia un torrente che scorrendo tra le valli del nostro cervello le irrori con la sua acqua magica, a volte leggermente e allora siamo dei geni, a volte invece troppo e ahimé scivoliamo nella confusione.
Ma tutte le intuizioni sono leggere e durano un giorno.
Ormai ho ben capito come ogni torre diventi ridicola nell’immensità del cielo e quanto inutile sia opporsi con schematismi categorici di fronte al problema della conoscenza.
Del resto se per Moses Herzog la pazzia poteva determinare una soluzione ottimale, perché questo non può esserlo per tutti?
In uno stato di alterazione psichica le sensazioni si sposano ad un mondo che vive entro di noi, ma del quale nulla si manifesta senza provocazione.
Le immagini che lo popolano sono riproduzioni speculari di altrettante immagini che costituiscono il normale bagaglio conoscitivo, che si producono nello specchio dell'alter ego esistenziale.
Intuizione illuminata!
Non conta la direzione che si prende, essendo la meta unica e definita.
Del resto se è vero che una superficie piana altro non è che un lembo infinitesimale di una superficie sferica, il cui centro si trova all' infinito, é pur anche vero che stando sullo stesso piano qualunque direzione ci farà scivolare su questo guscio sferico infinito, intorno all' infinito stesso. Tutto ciò è logico, l' infinito non può generare che infinito, sarebbe impossibile astrarne una parte senza romperne la continuità. Se ciò avvenisse, se ne verrebbe a sconvolgere il concetto, certezza vera e dogmatica.
E noi come entriamo e con quale ruolo nello spazio e nel tempo?
Per noi è necessario immaginare una soluzione al di fuori di queste due enigmatiche entità, come una essenza incorporale ed atemporale, che sia al tempo stesso l'unica realizzazione del dualismo spazio-tempo, all'atto della luce increata, rubando le parole ad Huysmans e questa soluzione non può essere che Dio.
La convergenza può avvenire solo con un atto di fede.