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Groviglio di vipere - Recensione

Aggiornamento: 18 mar

DI BELISARIO RIGHI

Ritratto fotografico di François Charles Mauriac

Ritratto di François Mauriac


GROVIGLIO DI VIPERE


Groviglio di vipere di François Mauriac, opera di altissima qualità letteraria, è

la crudele critica diretta a persone legate all'autore da rapporti di intimità, stilata nello stile della reprimenda, tendente a mettere in risalto le peculiarità negative del carattere delle persone interessate. E' definito "romanziere cattolico".

Ho letto altri lavori simili scritti da autori non meno illustri, in particolare mi riferisco a De profundis di Oscar Wilde e Lettera al padre di Franz Kafka.

De profundis, tra i due, è quello scritto in maniera più accattivante, più elegante, come non poteva non essere, nello stile di Wilde, mentre Lettera al padre è sicuramente la più feroce, proprio perché rivolta al genitore e contiene le critiche più dure che si possano indirizzare a un padre, ma entrambe sono caratterizzate da una mancanza quasi totale di una visione introspettiva dell'animo dello scrivente.

In esse non si dà mai peso, o almeno molto poco, alle negatività caratteriali di chi inveisce. Sono a senso unico, vanno in un'unica direzione.

Mauriac, al contrario, ha fatto un lavoro superiore a quello di Wilde e di Kafka, per il semplice motivo che la sua opera è a doppio senso, inveendo contro le persone oggetto della sua critica, delle quali vuole evidenziare la loro pochezza d'animo, ma è altresì rivolta contro se stesso, mettendo in risalto anche le asperità del proprio carattere, dei propri sentimenti, secondo il concetto realistico che la verità non sta mai da una parte o dall'altra, ma sempre nel mezzo, e quindi nelle sue pagine fa altalenare questi concetti negativi che riguardano a volte i soggetti cui lui è interessato e a volte se stesso, quasi soppesando quali delle due critiche, delle due negatività, la sua e quella degli altri, sia la più forte, la più grande e quale sia l'una l'effetto e l'altra la causa.

Louis, il protagonista del romanzo, non nasconde mai che la malignità, la cattiveria delle persone che lui redarguisce, sebbene di natura caratteriale, derivi inevitabilmente dalla sua più intensa e più cruda angolosità spirituale, perché si considera un mostro e sapendo di esserlo come tale si dipinge. Non c'è niente di aulico in lui, è pienamente cosciente di essere una persona cattiva, avida, avara, calcolatrice, egoista, egocentrica, schiavista e di conseguenza anche se mai lo ammette palesemente, lascia intendere che tutto quello che di negativo c'è nei suoi figli, in sua moglie, nei suoi nipoti, sostanzialmente sia una loro triste difesa verso la brutalità che è insita nel suo animo.

Groviglio di vipere in questa chiave di lettura, come opera letteraria e antropologica è senz'altro più viscerale, più completa e superiore in intensità a De profundis e a Lettera al padre.



NOTE BIBLIOGRAFICHE DELL'AUTORE


François Charles Mauriac è stato uno scrittore, giornalista, saggista e drammaturgo francese.

Nacque il 11/10/1885 a Bordeaux, in una famiglia composta di cinque fratelli, da padre agnostico e madre cattolica che educò i figli alla religione. Studiò al Grand-Lebrun diretto dai religiosi marianisti e mostrò grande passione per alcuni autori francesi, come Pascal, Baudelaire, Balzac e Racine.

Dopo aver conseguito la Laurea breve in Lettere nel 1906, si trasferì a Parigi e iniziò la carriera di insegnante, ma nel 1909 decise di dedicarsi alla Letteratura, pubblicando la raccolta di poesie intitolata Les mains jointes, seguita dal romanzo L'enfant chargé de chaînes, entrambi di ispirazione religiosa.

Nel 1913 si sposò con Jeanne Lafon.

In quegli anni Mauriac si dedicò anche all'attività di giornalista, collaborando con Gaulois e Le Figaro. Nel 1922 pubblicò il romanzo Il bacio al lebbroso, nel 1927 il romanzo Thérèse Desqueyroux, considerato il suo capolavoro,  e nel 1932 il romanzo Groviglio di vipere.

Dal 1933 al 1970 fu membro dell'Académie française.

Durante la seconda guerra mondiale, oppositore del governo di Vichy e si avvicinò alle posizioni politiche del generale Charles de Gaulle, cui dedicò l'opera biografica De Gaulle.

Negli anni Quaranta, fino al 1949 fu editorialista del quotidiano Le Figaro.

Fu attivo anche nel Teatro con opere quali: Asmodeo del 1937, Amarsi male del 1945, Passaggio del diavolo  del 1947, Il fuoco sulla terra del 1950. Scrisse inoltre saggi critici su Jean Racine, Blaise Pascal, Gesù e studi sula psicologia del credente, tra i quali ricordiamo Sofferenza e gioia del cristiano, Brevi saggi di psicologia religiosa.

I temi della sua produzione letteraria e teatrale, di fronte ai quali si pone come giudice intransigente, sono: avarizia, orgoglio, odio, sensualità, avidità, materialismo e brama di dominare, che travolgono la borghesia di provincia, lontana da ogni possibilità di riscatto. Soprattutto al centro della sua disamina critica, vi sono la famiglia e i rapporti con i famigliari.

Nel 1952 gli venne conferito il Premio Nobel per la Letteratura, per la capacità di penetrare nel dramma della vita umana con profondo spirito e intensità artistica.

Ideologicamente contrario al Surrealismo, e al Dadaismo, si oppose nettamente all'Esistenzialismo di Jean-Paul Sartre e, oltre ad aderire alla politica di De Gaulle, si schierò a favore della decolonizzazione dell'Algeria.

Morì a Parigi il 01/09/1970.


Fonte storica: Wikipedia









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