Masaccio il rivoluzionario
- Belisario Righi
- 2 nov 2023
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 9 mag
DI BELISARIO RIGHI

Chi è Masaccio o meglio cosa rappresenta?
Questo geniale artista è l’indiscusso innovatore dell'arte pittorica rinascimentale. Con lui si avviò una pittura completamente nuova rispetto a quella esistente alla fine del secolo XIV che riprendeva gli stilemi del gotico internazionale di inizio Trecento, tra i cui maggiori esponenti aveva annoverato Simone Martini, Duccio di Buoninsegna, Ambrogio Lorenzetti, dei quali gli echi gotici non erano ancora spenti, dando vita ad uno stile aulico, impreziosito dall’uso esagerato dell’oro che conferiva ai dipinti splendore e preziosità soprannaturali, nel quale l’uomo era calato per glorificare ed esaltare la grazia dello Spirito Santo.
Con Masaccio il concetto dell’uomo corporale, non più illuminato di luce riflessa, ma rifulgente di luce propria, stellare, la descrizione pittorica divenne antropocentrica.
Sull’uomo, nella sua ponderale corporale conformazione conversero le passioni, i sentimenti che avrebbero dovuto esprimere il pathos narrativo.
La pittura diventò realistica e l’uomo finalmente con i suoi umori, le sue emozioni fu il vero protagonista.
Masaccio, nato Tommaso Cassai, vide la luce nel 1401 a San Giovanni Valdarno, allora un paesino nei pressi di Firenze. Suo nonno era artigiano del legno, maestro di casse e cassoni, ovvero cassaio, da qui probabilmente prende origine il cognome Cassai.
A causa del suo scarso interesse per le cose della vita o per la sua trascurataggine, come si espresse Vasari, Tommaso fu soprannominato Masaccio, sinonimo di cattivo Maso (abbreviativo di Tommaso).
Di buona estrazione sociale, il padre, notaio, lo rese orfano in tenera età subito dopo la nascita del fratellino Giovanni. La prematura morte del genitore lasciò la famiglia in condizioni disagiate, tanto che la mamma dovette risposarsi e convolò a nozze con un anziano speziale.
San Giovanni Valdarno, popolato di contadini e piccoli artigiani non offriva al giovane un futuro brillante, se non quello di diventare anch’egli un buon artigiano.
La mamma, divenuta vedova una seconda volta, si trasferì con la famiglia a Firenze, ove intravedeva migliori prospettive per l'avvenire dei suoi figli.
Non vi sono documenti storici da quali si possa apprendere perché Tommaso decidesse di diventare pittore, ma così avvenne ed entrò come apprendista nella bottega del noto artista Tommaso Cristoforo Fini da Panicale, detto più semplicemente, essendo di bassa statura, Masolino.
All’epoca, l’arte toscana, specialmente per l’influenza della scuola senese era ancora legata al manierismo del gotico internazionale. Masolino aveva un suo stile tardogotico che si rifaceva a quella scuola. Tommaso però era cresciuto in un ambiente in cui non c’era posto per tali raffinatezze auliche. Il mondo di San Giovanni Valdarno era composto di contadini, fabbri, falegnami, porcai, serve, lavandaie e massaie. I bambini erano cenciosi e sporchi perché giocavano in mezzo alle pozzanghere della strada. Un’umanità tristemente realistica, ed era questa che Tommaso voleva inserire nei suoi lavori, perché fossero veri, infondendo in quei volti i sentimenti e le empatie che la loro condizione generava.

A Firenze conobbe i gradi artisti dell’epoca, quali Donatello, Leon Battista Alberti, Filippo Brunelleschi che con le loro opere stavano modernizzando la piccola città di Firenze che allora contava meno di cinquantamila anime.
Ammaliato dagli studi sulla prospettiva di Brunelleschi, frequentando assiduamente l’architetto, Masaccio volle impadronirsi di quelle nozioni per inserirle nelle sue composizioni pittoriche, intendendo dare ai suoi sanguigni uomini di paese una collocazione reale e ponderale nello spazio.

Nella Cacciata dei progenitori dall'Eden, Adamo ed Eva, distrutti in volto per l’efferato peccato commesso, avanzano pesantemente calpestando la nuda terra. Gravati del loro peso fisico e non più anime elette soffrono atrocemente, afflitti dal senso di colpa.
L'anima non ha consistenza fisica, è diafana. La luce l'attraversa senza incontrare ostacoli. L'uomo al contrario è solido, massiccio, la luce non può trapassarlo ed ecco che il suo corpo produce ombra. La stessa ombra che vediamo nel dipinto della cappella Brancacci che ritrae la doppia scena della guarigione dello storpio e la resurrezione di Tabita, per intercessione di San Pietro e San Giovanni.
Gli storici sembrano concordi nell'affermare che tale dipinto fu realizzato da Masolino con l'apporto di alcune parti ad opera di Masaccio, tra cui la scena dello storpio, ma soprattutto le ombre che persino emanano i ciottoli della piazza.

In questo lavoro realizzato da Masolino con l'intervento di Masaccio, tutto è attribuito all'anziano pittore, ad eccezione della parte in primo piano sulla sinistra, ovvero la guarigione dello storpio.
La differenza realizzativa tra i due artisti è evidente.
Masolino ammanta tutto di una luce estremamente limpida e chiara, quasi soprannaturale, la piazza, i due giovanotti elegantissimi in mazzocchio e la scena della resurrezione.
In Masolino, tutto è luminoso e rifulgente, mentre Masaccio dipinge lo storpio con tinte cupe, in ombra, per conferire al miracolo più realismo e maggior drammaticità. L'insieme, sfondo compreso è stato realizzato da Masolino, ma la perfetta prospettiva dell'intera composizione, che si avvia dalle logge poste in primo piano ai lati estremi e converge in un punto del palazzo sopra la testa dei due passanti, suggerisce che il vecchio maestro fu assistito dal giovane allievo.
La prospettiva è l'altra grande innovazione masaccesca e nessuna opera dell'artista può darcene esempio meglio della Santissima Trinità, con la Vergine Maria, San Giovanni e i donatori, più semplicemente conosciuta come La Trinità.

L'opera di considerevoli dimensioni (317 x 667) è considerata una delle pietre miliari dell'arte rinascimentale per le sue innovazioni. Sintesi di cultura umanistica, pittura, scultura, architettura è sicuramente il capolavoro di Masaccio.
Iconograficamente presenta particolari inusuali e mai adottati.
Nella parte bassa dell'affresco si vede una bara in pietra, su cui è posato uno scheletro, recante la dicitura: IO FU' GIÀ QUEL CHE VOI SETE, E QUEL CH'I' SON VOI ANCO SARETE, chiaro riferimento al monito memento mori.
Nella parte ove è collocata l'immagine della SS. Trinità, allocata in una loggia con il soffitto a cassettone, delimitata internamente da due colonne ed esternamente da due lesene, alla base sono raffigurate due persone, probabilmente i committenti, i quali hanno le stesse dimensioni della Vergine di San Giovanni e di Cristo, soluzione ardita, mai sino ad allora adottata, in quanto i comuni mortali quando apparivano in compo-sizioni di tal genere avevano solitamente dimensioni più ridotte, a significare la piccolezza della natura umana rispetto a quella divina.
Il volto della Vergine, contrariamente all'iconografia classica non è racchiuso in una maschera di dolore, bensì mostra un atteggiamento freddo, risoluto, e con la mano invita gli osservatori a guardare la crocifissione, quasi intenda dire: - Guardate cosa è stato fatto per la salvezza dell'umanità! - Il dolore della Vergine per la morte del Figlio è trasceso dall'amarezza del peccato che l'uomo ha commesso verso Dio Onnipotente che ha sacrificato Suo Figlio per salvare il genere umano.
Più sopra la Trinità. Cristo crocifisso, il Padreterno maestoso e lo Spirito Santo, la bianca colomba che avvolge le sue ali intorno al collo del Dio Padre.
Infine la loggia. Realizzata in maniera prospetticamente perfetta rende pienamente l'illusione della profondità. Sembra che nella sua composizione geometrica Masaccio sia stato guidato da Filippo Brunelleschi.
Concludendo questa breve trattazione dell'arte di Masaccio, possiamo affermare che oltre all'innovazione della prospettiva e l'introduzione della forza di gravità, il pittore fu il creatore del Realismo che nei secoli seguenti spesso è stato motivo di dissenso verso l'establishment intellettuale, venendo a compromettere una diffusa e radicata tradizione nell'iconografia classica.
Nel secolo XVII, pensiamo a Rembrandt che fu tacciato di volgarità e di prosaicità per aver creato dipinti d'impronta realistica o a Goya che un secolo dopo realizzava i suoi Capricci, episodi di vita cruenta e spaventosa o Corot che nell'Ottocento, in pieno Realismo di metà secolo, svincolò la pittura dalle pastoie del classicismo e del rococò per dare impulso a nuove espressioni compositive che hanno segnato con l'Impres-sionismo l'inizio della pittura moderna.
Masaccio, in soli ventisette anni di vita, ha rivalutato l'uomo, con le sue passioni, le sue paure, i suoi peccati e l'ha posto al centro dell'universo.
Forse Nietzsche fu un estimatore di Masaccio.
Comments