Diceria dell'untore | Gesualdo Bufalino
- Belisario Righi
- 13 mag 2023
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 2 giorni fa
DI BELISARIO RIGHI

RECENSIONE
Diceria dell'untore di Gesualdo Bufalino è un romanzo di non facile lettura, che impone un'attenta analisi della narrazione. La scrittura infatti, si distingue per la propensione all’uso di neologismi e di termini raramente usati, richiedendo così al lettore di avere spesso a disposizione un dizionario.
Tuttavia, questa apparente difficoltà si trasforma in bellezza e genialità che rendono la lettura dell’opera, sebbene non priva di ostacoli, affascinante e coinvolgente, essendo la trama del romanzo rivelatrice della complessa psiche del protagonista che vive costantemente con un peso sulla coscienza che, per tutta la vita, mai lo abbandonerà.
Il racconto crea un'atmosfera carica di tensione e di riflessione su tematiche profonde e universali, generando inquietanti interrogativi, primo fra tutti, il senso di colpa, ovvero la domanda se il destino, o meno prosaicamente, la fortuna può generare un senso di colpa, come se la fortuna sia una sorta di crimine nei confronti di coloro che sono stati colpiti dalla sventura. E, laddove così fosse, come si colloca il fortunato in un mondo che sembra punire chiunque ritenga di meritare qualcosa in più? La risposta a queste domande non è scontata, anzi, si intreccia con le esperienze di vita del protagonista, che si trova invischiato in una spirale di pensieri che lo portano a mettere in discussione il senso della propria esistenza.
In questo viaggio letterario, il lettore è invitato a penetrare nell’intimità del suo mondo interiore e a scoprire le sfide e le contraddizioni che lo abitano. Questo approccio consente a Bufalino di esplorare temi complessi come la malattia, la morte e la memoria, mentre la scrittura stessa diventa una catarsi per il protagonista e, di riflesso, per il lettore.
La figura dell’untore, evocata nel titolo, diventa simbolo potente, non solo di malattia fisica ma anche mentale e morale, divenendo, nella sua essenza, l’incarnazione della paura e dell’ignoranza, un personaggio che suscita avversione e compassione insieme. Bufalino, attraverso una prosa carica di metafore e descrizioni vivide, esplora l'animo umano nella sua vulnerabilità, e affronta il silenzio assordante di una società che ignora il dolore altrui e le problematiche legate alla malattia, alla morte, alla sofferenza altrui. Nell’opera emerge forte il desiderio di connessione umana, di empatia nei confronti del prossimo, un sentimento spesso soffocato dalla superficialità delle relazioni moderne e l'esortazione a non dimenticare che le vite degli altri sono intrecciate alle nostre. L’umanità è una tela tessuta di eventi interconnessi, dove le azioni di uno possono influenzare il destino di molti. La bellezza di questa opera risiede nella profondità delle emozioni e delle verità che essa rivela, rendendo palpabile il senso di colpa, la fragilità della vita.
NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
Gesualdo Bufalino è stato uno scrittore, poeta e aforista italiano. Uomo di smisurata cultura, appassionato lettore, amava altresì la Musica, il Cinema, il Teatro e gli Scacchi, di cui era abilissimo giocatore.
Nacque a Comiso, facente parte del libero consorzio comunale di Ragusa in Sicilia, il
15 novembre 1920, da Biagio Bufalino e Maria Elia. Il padre era un fabbro con la passione della lettura che trasmise al figlio, e Gesualdo, sin dall'infanzia, affascinato dalla letteratura e dai libri, trascorre ore e ore nella piccola biblioteca del padre, leggendo anche i giornali quotidiani, quando riusciva a procurarsene, divenendo un divoratore di libri e carta stampata.
A Comiso, poi a Ragusa, frequentò il liceo, ma nel 1936 ritornò a Comiso, dove ebbe, come insegnante di lettere Paolo Nicosia, un valente studioso di Dante Alighieri.
Nel 1939, portato per la scrittura, vinse il Premio letterario di prosa latina e venne ricevuto a Palazzo Venezia da Benito Mussolini.
Successivamente si iscrisse alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Catania, ma nel 1942 a causa della seconda guerra mondiale fu costretto a interrompere gli studi perché chiamato alle armi.
Nel 1943, in Friuli, con il grado di sottotenente Bufalino venne catturato dai tedeschi all'indomani dell'armistizio, ma riuscì a fuggire e si rifugiò presso alcuni amici in Emilia-Romagna.
Nel 1944si ammalò di tisi, e sarà costretto a sopportare una lunga degenza, prima a Scandiano, poi vicino a Palermo, in un sanatorio della Conca d'Oro, dal quale esce finalmente guarito nel 1946 e riprende gli studi, laureandosi in Lettere nell'ateneo di Palermo, discutendo una tesi in archeologia sul tema Gli studi di archeologia e la formazione del gusto neoclassico in Europa.
La permanenza in sanatorio gli servì, in seguito, come base e motivo ispiratore per
il progetto di un romanzo, che diventerà, a distanza di anni, il suo primo libro, Diceria dell'untore, una sorta di biografia nascosta tra le pagine del romanzo, ma non andò oltre una prima stesura approssimativa e solo a più di venti anni di distanza, il libro verrà ripreso.
Tra il 1946 e il 1948 pubblica su due periodici lombardi, L'Uomo e Democrazia, un gruppo di liriche e prose.
Dal 1947 fino alla pensione si dedica all'insegnamento presso l'Istituto Magistrale di Vittoria, senza mai allontanarsi dalla natia Comiso se non per brevissimi periodi.
Nel 1956 collabora, sempre con alcune poesie, a una rubrica del "Terzo Programma" della RAI.
Per gran parte della vita fu insegnante.
Nel 1981, all'età di 61 anni, con il romanzo Diceria dell'untore, grazie all'incoraggiamento di Leonardo Sciascia ed Elvira Sellerio; pubblicò Diceria dell'Untore che, nello stesso anno, gli valse il prestigioso Premio Campiello.
Nel 1986 Con Cere Perse, una raccolta di scritti autobiografici, Bufalino vinse il Premio Letterario Elba.
Nel 1988 con il romanzo Le menzogne della notte vinse il Premio Strega. Si rese famoso per il suo stile ricercato, ricco e in alcuni casi "anticheggiante", nonché per la sua abilità linguistica e la vasta cultura. Amico di Leonardo Sciascia, trascorse la maggior parte della sua vita a Comiso, mantenendo un'esistenza ritirata e discreta.
Nel 1990 dal libro verrà tratto un film, per la regia di Beppe Cino, con Remo Girone, Lucrezia Lante della Rovere, Franco Nero, Vanessa Redgrave e Fernando Rey.
Dopo l'esplosione di notorietà dovuta a Diceria dell'untore, fu colto da una prolifica frenesia letteraria, che lo portò a produrre grandi quantità di opere, che spaziano dall'amata poesia (L'amaro miele, 1982) alla prosa d'arte e di memoria (Museo d'ombre, 1982), dalla narrativa (Argo il cieco, 1984, L'uomo invaso, 1986, Qui pro quo, 1991, Calende greche, 1992, Il Guerrin Meschino, 1993, Tommaso e il fotografo cieco, 1996) alla saggistica (Cere perse, 1985, La luce e il lutto, 1988, Saldi d'autunno, 1990, Il fiele ibleo, 1995), dagli aforismi (Il malpensante, 1987, Bluff di parole, 1994) alle antologie (Dizionario dei personaggi di romanzo, 1982; Il matrimonio illustrato, 1989, scritto insieme alla moglie, Cento Sicilie, 1994, curato con Nunzio Zago).
Il 14 giugno 1996, perse la vita a causa di un incidente stradale, mentre un amico lo riaccompagnava a casa. Bufalino non guidava l'automobile. Non aveva mai preso la patente.
Fonte: Wikipedia
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