Il bell'Antonio | Vitaliano Brancati
- Belisario Righi
- 15 mag 2021
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 25 mag
DI BELISARIO RIGHI

RECENSIONE
Il bell'Antonio di Vitaliano Brancati, capolavoro, tra i più apprezzati della Letteratura Italiana del '900, pubblicato nel 1949, non è soltanto un romanzo, ma una vera e propria analisi socioculturale della Sicilia degli anni cinquanta, che si colloca nel delicato momento storico del dopoguerra, nel quale la società insulare si sta affacciando alla formazione intellettuale continentale.
Brancati ritrae le pulsioni e le contraddizioni di una Sicilia laico-democristiana densa di elementi realistici, palpabili, tali da farci sentire il sole cocente dell'isola, il profumo delle zagare, il sapore dell'arancia candita della cassata siciliana, ma la Sicilia è molto più di un semplice panorama geografico, è un luogo carico di significati, un palcoscenico su cui si svolgono le drammatiche vicende di Antonio e delle persone che popolano il suo mondo.
Brancati indaga sulla complessità delle relazioni umane, dalle più superficiali alle più profonde, creando un affresco vivido e autentico della buona borghesia siciliana, attraverso la figura centrale del romanzo, Antonio Magnano, un giovane dall’aspetto attraente e dalla vita apparentemente perfetta, che incarna il sogno di bellezza e di successo di una generazione, reso interessante non tanto per le sue caratteristiche fisiche, soprattutto per il suo profilo psicologico e per le dinamiche familiari e sociali che lo investono. Antonio è bello, la sua avvenenza però è un dono e una condanna al contempo. La superficialità della bellezza si scontra con la profondità dell'animo umano, e induce a riflettere sul vero e reale significato dell'attraenza, in una società che troppo spesso giudica in base alle apparenze, mettendo in risalto quanto possano essere fragili le certezze basate sull'estetica.
Uno degli aspetti più affascinanti dell’opera è la figura di suo padre, il sig. Alfio, un siciliano doc che raffigura la tradizione e le attese di una società che si trova a fronteggiare il cambiamento. Alfio è descritto con una maestria che trascende la mera narrazione, diventando un vero e proprio rappresentante del tradizionale mondo siciliano, le cui radici affondano nella terra e nei valori di un passato che non può essere ignorato, toccando argomenti tabù, quali la forza fisica, la virilità, il dominio del maschio sulla femmina, in una parola: il machismo.
Brancati penetra nel labirinto della mente dei suoi personaggi, rivelando le loro vulnerabilità, le loro paure, le loro speranze, attraverso il curato alternarsi di momenti di leggerezza e di dramma, in un articolato percorso esplorativo sulle complessità del desiderio, della passione, della solitudine.
Il bell'Antonio è senza tema di smentita uno dei romanzi più significativi del Novecento italiano, per la sua capacità di catturare l'anima di una Sicilia in fermento e i conflitti intimi dei personaggi, immergendosi in una realtà ricca di emozioni, scoperte e riflessioni. Leggere Il bell'Antonio è un'esperienza che resta nel cuore e nella mente, ben oltre la chiusura dell'ultima pagina.
NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
Vitaliano Brancati è stato uno scrittore, sceneggiatore cinematografico e televisivo, drammaturgo, giornalista e docente italiano.
Nacque a Pachino, in provincia di Siracusa, il 24 luglio 1907 in una famiglia di cultura letteraria. Sia il nonno che il padre erano stati autori di novelle e di poesie.
Compì gli studi inferiori a Modica, dove visse dal 1910 al 1919.
Nel 1920 si trasferì con la famiglia a Catania, dove compì gli studi superiori e frequentò la Facoltà di Lettere presso la locale università, laureandosi nel 1929 con una tesi su Federico De Roberto.
Alcuni anni dopo insegnò per breve tempo a Caltanissetta, nell'Istituto Magistrale. Nel periodo catanese della sua formazione, Brancati fondò la rivista Ebe, pubblicandovi poesie, di tono crepuscolare; e collaborò con assiduità a Il Giornale dell'Isola.
All'inizio degli anni 1930 si trasferì a Roma, ove, oltre a insegnare, iniziò l'attività di giornalista, dapprima per il quotidiano Il Tevere e per Critica fascista; in seguito, per il settimanale letterario Quadrivio, del quale, tra il 1933 e il 1934, divenne redattore capo. La sua formazione giovanile era stata a lungo segnata da un approccio esistenziale irrazionalista, che entrò in crisi quando a Roma iniziò a frequentare intellettuali seguaci di Benedetto Croce ed artisti di fronda al fascismo, come Leo Longanesi.
La sua attività letteraria iniziò con opere di regime, animate da intenti propagandistici di stampo fascista: non tanto il dramma Fedor del 1928, elaborato in una prosa con accenti lirici affini ai toni del Crepuscolarismo, ma i drammi Everest del 1931 e Piave del 1932 e, soprattutto, il romanzo L'amico del vincitore.
Nel 1934 pubblicò il romanzo Singolare avventura di viaggio, ove appaiono per la prima volta, nello svolgersi di un rapporto sentimentale tra cugini, temi legati all'erotismo. Quest'opera, ritenuta oscena e sottoposta dall'autoritario regime politico a censura, fu ritirata con rapidità dal commercio, innescando in Brancati una profonda crisi di ripensamento dei propri valori la quale lo avviò, nel giro di qualche tempo, al superamento dell'ideologia fascista.
Stabilito contatto con Corrado Alvaro, Alberto Moravia, Leo Longanesi e altri giovani e brillanti scrittori di quel periodo, proprio nel 1934 Brancati maturò la sua crisi esistenziale e politica, distaccandosi dalla posizione di intellettuale organico al regime, col disconoscimento di tutti i propri anteriori scritti. Di ritorno a Catania, si dedicò all'insegnamento e al contempo collaborò al settimanale Omnibus di Leo Longanesi fino al 1939, quando la rivista fu soppressa dal regime fascista.
Nel 1941 pubblicò il romanzo Don Giovanni in Sicilia.
Nel 1942 conobbe, al teatro dell'Università, l'attrice Anna Proclemer con la quale iniziò una relazione affettiva.
Nel 1943 le sue corrispondenze per Omnibus furono raccolte nel volume I piaceri.
Si dedicò all'insegnamento fino al 1941, anno in cui tornò a Roma e pubblicò Gli anni perduti, da lui considerato il suo primo romanzo genuino, a carattere comico-simbolico, ispirato a Gogol e a Cechov, ove si avverte netto il distacco dall'ideologia fascista, le cui illusorie mitologie ormai suscitano a Brancati solo ilarità.
Nel 1945 da una sua novella fu tratto il film Il vecchio con gli stivali.
Nel 1947 sposò Anna Proclemer da cui ebbe la figlia Antonia e nello stesso anno da un suo lavoro fu tratto il film Anni difficili diretto da di Luigi Zampa
Del 1949 è il romanzo, sull'impotenza sessuale, Il bell'Antonio.
Nel 1951, fu pubblicato postumo, rimasto incompiuto, il romanzo Paolo il caldo, storia di un'ossessione erotica, scrisse la sceneggiatura dei film Signori, in carrozza! e L'arte di arrangiarsi, diretti da Luigi Zampa, oltre a Guardie e ladri di Mario Monicelli,
Nel 1952 la censura vietò la rappresentazione di un dramma di Brancati, La governante, che tratta di un'omosessualità femminile.
Nel 1952 sceneggiò il film Altri tempi, con la regia di Alessandro Blasetti e
Il 1953 è l'anno della separazione dalla moglie.
Nel 1954 Dov'è la libertà...? e Viaggio in Italia, con la regia di Roberto Rossellini.
Vitaliano Brancati morì il 25 settembre 1954, a seguito di un operazione chirurgica.
Nel 1960, dall'omonimo romanzo fu tratto il film Il bell'Antonio del regista Mauro Bolognini, con Marcello Mastroianni e Claudia Cardinale e nel 1973 dal suo romanzo Paolo il caldo, fu fatto l'omonimo film diretto da Marco Vicario e interpretato da Giancarlo Giannini e Ornella Muti.
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