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La vita è bella!

Aggiornamento: 11 mar

DI BELISARIO RIGHI



Anita Ekberg - Da "La dolce vita" di Federico Fellini


Chi lo dice che la vita è bella! E soprattutto, perché è bella? In realtà, dire che la vita è bella è semplicemente una forma di sineddoche, perché in ultima analisi la concezione della bellezza è legata ad alcuni particolari piacevoli e pertanto belli della nostra esistenza, attraverso i quali estendiamo il concetto di bellezza a tutto il nostro vissuto. La nostra conformazione spirituale è tale da essere impressionata solamente da elementi di forte impatto psicologico e solamente i fatti preponderanti sono i mattoni con cui è costruita la nostra sensibilità, mentre accadimenti ed episodi non particolarmente significativi, vengono irrimediabilmente metabolizzati dal nostro io e dispersi nel nulla. Camminando per le vie di una città, incontreremo tante donne, alcune delle quali saranno brutte, altre insignificanti, altre di media bellezza, e infine ne scorgeremo due, forse tre, veramente belle e queste rare belle donne, ci faranno dire che in quella città le donne sono bellissime. In questo, gioca un ruolo importante la nostra personale chiave di lettura dell’esistenza, che ridotta ai due casi-limite, sarà o ottimistica o pessimistica, ma mentre per il pessimista è scontata la visione negativa della vita, e per lui quindi anche gli elementi positivi finiscono con il perdere valore, fagocitati dalla sua compulsiva e nera interpretazione dell’esistenza, per l’ottimista invece, pochi elementi positivi basteranno per ammantare il tutto di bellezza e di piacevolezza, perché in fondo, analizzando il comportamento dell’ottimista, di cosa si tratta se non di un processo che astrae universalità da pochi elementi?

E’ questa la concezione sineddotica della vita. Noi viviamo nel mondo. E il mondo certamente è bello, perché sono belli i suoi mari, i suoi laghi, i suoi fiumi, le sue montagne, le sue valli, le sue campagne, i suoi animali. In esso tutto è bello, perché la natura è bella, e l’uomo vivendo in mezzo a tutta questa bellezza, finisce col dire che la vita è bella, identificando la bellezza della vita con la bellezza della natura, di cui però può solamente fruire, perché certamente non gli appartiene. Purtroppo però la vita non è fatta solo di laghi, di campagne e così via. La vita è un insieme di incombenze, ahimé, giornaliere che tolgono il respiro spirituale e rimandano ad attitudini spesso volgari, necessarie forse, ma volgari, secondo una visione generale di estetica per i loro contenuti, riducendo la nostra esistenza ad adempimenti triviali e a volte disumani. La lotta per la sopravvivenza è l’unica vera filosofia di vita. Le contingenze e i conseguenti asservimenti alla condizione sociale ci rendono insensibili all’afflato poetico e ci induriscono l’animo, costringendoci ad ambasce, che seppur necessarie, sono di natura tutt’altro che aulica.

Viviamo così in uno stato di eterna diatriba, tra ciò che vorremmo essere e ciò che in realtà siamo costretti ad essere e quello che è più incredibile é che non troviamo bello, né quello che siamo, né quello che vorremmo essere, perché quello che siamo non ci piace, tanto vero è il nostro perenne stato di insoddisfazione, ed ugualmente quello che vorremmo essere, in fondo non ci piace, perché appartiene ad un mondo che non conosciamo e la non-conoscenza ci mette paura. La verità assoluta non esiste. Esistono sfaccettature molteplici del concetto di verità e tutte devono essere demandate ad interpretazioni soggettive e soprattutto storiche degli eventi.

Ogni situazione contiene in sé immanenti stati di condizionamento ambientale che ci rendono più o meno vivibile qualsiasi circostanza, senza che si arrivi a definire buona o cattiva, bella o brutta una particolare condizione, e pertanto parlare di bellezza, come attributo peculiare dell’esistenza è errato. Noi non siamo nati per essere felici. Siamo nati…e basta! La felicità, per quello che significa, potremo lambirla o forse no, ma certo non è uno dei mattoni sui quali è costruita la nostra vita, è piuttosto un fregio, uno stucco, con cui cerchiamo di abbellire il nostro costrutto esistenziale. Quando si parla di bellezza riguardante la vita, ci si richiama sempre, univocamente, alla felicità, intendendo per bellezza la felicità stessa.

Dire che la vita è bella è dire che si è felici. Arthur Schopenhauer disse che la felicità è nella testa degli altri e che per noi l’essere felici significa apparire tali agli altri, mentre la felicità dovrebbe consistere nell’avere piena cognizione di noi stessi e delle nostre valenze individuali.

Il grande filosofo tedesco aveva ragione. Non dobbiamo essere felici secondo gli altri. Dobbiamo essere felici secondo noi stessi. E uscendo dal concetto di felicità per ritornare a quello di bellezza, che é più ampio, più possibilista, diremo che la bellezza se c’è, essa è in noi, ma certamente non è nella vita che, con le sue contingenze, ci impone comportamenti sociali assolutamente non individualistici, ma troppo spesso di compromesso con il consorzio umano cui apparteniamo. In ultima analisi la vita è bella se siamo belli noi. Perché la nostra bellezza è l’unica che veramente ha significato, in quanto autonoma e non soggetta a condizionamenti sociali e distorsioni interpretative.

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