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Ricordando Sartre

Aggiornamento: 11 mar

DI BELISARIO RIGHI


Ritratto di Jean-Paul Sartre.


Ho veduto Antoine Roquentin. O forse no. Ma il volto intravisto tra le linee verticali di un dipinto di Kupka sembrava essere il suo. Un attimo ed è scomparso, come anni addietro, camminando nel corridoio di un ospedale, attraverso lo spiraglio di una porta socchiusa, mi apparve Ferdinand Bardamu.

A ciascuno il suo posto!

Certe persone non smettono mai di ribadire la propria esistenza. La coscienza della propria esistenza li rende vivi.

A volte li trovi, chissà perché, in anditi inusuali e né il tempo, né lo spazio circostanti c’entrano qualcosa con loro. Ci sono e basta. Non parlano, non respirano nemmeno, sono poco più che ectoplasmi, ma ci sono e la loro presenza ti condiziona.

Quando piove e fa freddo, e il fumo della tua sigaretta sbuffato tinge di bianco il nero della sera, capisci che è l’ora di starsene tutto caldo dentro il cappotto, seduto in una bettola a bere un bicchiere di Chianti. E’ l’unica cosa da fare in quei momenti. Senza far sentire la tua presenza, avverti il bisogno di stare in mezzo ad altre persone, silenziose come te, con i loro pensieri che gli girano per la testa. Non c’è contatto, ma c’è comunione. E’ uno strano, particolare sodalizio, dal quale non puoi esimerti, perché nella tua solitudine ti senti sodale, anche se non sempre in fondo al bicchiere c’è la risposta cercata.

L’odore della minestra di cavolo si spande per la vie del borgo silenzioso e va ad aggiungersi al profumo di tiglio che irrora l’aria, diventata per la pioggia conduttrice di elettricità e di odori.

Il cane che ti passa vicino a testa bassa ha paura di te, ma non troppo, perché agita la coda. E’ solo timido e vorrebbe una carezza che tu potresti dargli, ma non lo fai. Non hai più carezze da dare e intanto la sigaretta ti ingiallisce i polpastrelli della mano, e quando usi il fazzoletto per nettarti il naso gocciolante, l’odore acre della nicotina si aggiunge agli altri odori.

E’ tanto importante quello che hai pensato su quella tua amica, non tanto bella, ma disponibile con cui hai passato qualche ora? No certamente, però il solo fatto di ricordartene ne realizza la presenza e non sei più solo.

La solitudine quando si è in due può essere più forte che da soli, ma in due si sopporta meglio.

Quelle ultime pagine dell’ultimo libro che hai letto erano brutte e ti hanno tolto all’improvviso il piacere della lettura che le precedenti ti avevano regalato, ma forse erano brutte solo per te. Lo scrittore, che si è prodigato per tanto tempo in descrizioni piacevoli, non può essere caduto nella trappola di rovinare il suo libro alla fine. Sicuramente sei tu che non hai compreso o volutamente hai voluto annullare quello che di buono era stato scritto.

Rovinare, rompere, distruggere è un buon esercizio per sentirsi vivi.

Quando arriverà il momento che tutto filerà liscio, vorrà dire che stai morendo. Non c’è vita senza diatriba. La lotta è essenziale per vivere. Ma la lotta necessariamente porta con sé la morte. Qualcuno deve pur vincere. Non esistono pareggi. E’ solo questione di punti di vista.

Che differenza fa quando passi nella via, se sono le case a venirti incontro, oppure sei tu che vai incontro ad esse? Nessuna differenza! Alla fine, in un modo o nell’altro, sei sempre tu che ti muovi, ti agiti, ti scomponi, mentre tutto il resto è fermo, immobile e immutabile. Tra qualche anno quelle case staranno sempre là, piantate al loro posto, invecchiate, ingiallite le mura dal tempo, ma staranno ancora là, Tu invece?

E’ piovuto un poco, quel tanto che basta a riempire d’acqua le buche sulla strada. In esse lievi bagliori e riflessi di luce si avvicendano e dentro quei piccoli specchi d’acqua si affoga la tua fantasia e la tua mente corre chissà dove.

Domani, quando avrà smesso di piovere e ripercorrerai quella strada l’acqua delle pozzanghere sarà evaporata e con essa pure le tue elucubrazioni si saranno dissolte.

I pensieri forse sono legati a cose labili ed evanescenti.

Argomentazioni che inducono a pensare in maniera definita e univoca non esistono. La realtà è diversa, essa cambia continuamente aspetto e ti porta a riflessioni sempre nuove, cosicché tu non saprai mai quello che è giusto e quello che è sbagliato.

Da una finestra arriva una musichetta popolare, rozza e orecchiabile. Il tuo animo è predisposto all’ascolto di quelle semplici note che, nella loro sequenza, ti immergono in una realtà genuina, enunciata senza orpelli barocchi e, anche se non ti piace, i tuoi ricordi corrono ai tuoi anni d’infanzia dove tutto era semplice e genuino, e le cose erano quello che apparivano.

Ti senti felice.

Continuando la passeggiata, per strada t'imbatti in una chiesa.

Entri, un po’ per curiosità e un po’ per riposarti.

C’è una messa di requiem. Qualcuno se n’è andato. Le luci sono basse. Tutti sono in silenzio, qualcuno piange. Un’aria di tristezza riempie la navata. Un organo intona una messa di Haydn. Questa volta la musica è bella. I tuoi ricordi ora vanno agli anni della tua maturità, i tuoi pensieri diventano grevi. Il tuo cuore si stringe e ti rattristi. La tua tristezza è diversa da quella dei convenuti all’ultimo saluto del defunto, ma sei comunque triste. E allora non puoi fare a meno di chiederti come mai prima, una musichetta, artisticamente non bella, realizzata con quattro sparute note ti abbia dato gioia e con questo capolavoro di Haydn, al contrario, sei piombato nell’infelicità? Non può essere che al non bello corrisponda la gioia, come al bello si addica la tristezza. Non può essere! Ma allora cosa sono questi umori che ti scivolano sul corpo e finiscono coll’addensarsi nella tua mente in miasmi di differente natura? Non lo sai e non vuoi nemmeno rifletterci su, sai solo che devi uscire da quella chiesa.

Cercavi un giaciglio rilassante e invece hai trovato un duro e scomodo pagliericcio sul quale non riesci a distenderti e la tua mente genera solamente brutti pensieri.

Basta!

Esci e riprendi la tua strada. Avviluppato nel tuo cappotto ti accendi un’altra sigaretta. Riprendi il cammino.

Il fresco della sera ha cancellato quella sgradevole sensazione. Ora sei pronto di nuovo a immergerti nella tua anima, sollecitato dalle ombre, dai rumori, dai profumi che incontri.

Si dice che, quando un gatto miagola con una determinata cadenza, ripetutamente, sia in cerca d’amore. Quella gattina bianca e nera che non vedi, ma ne odi il miagolio, sta cercando il suo bel gattino. E’ in estro e vuole un maschio.

Come sarebbe bello se anche tra noi uomini si facesse così, senza tante manovre che a loro volta anticipano altri preliminari.

Non siamo forse a corto di tempo? Ne abbiamo così tanto da sprecarne in azioni che, il più delle volte, non ci fanno approdare a nulla?

Dai un’occhiata all’orologio. Si è fatto tardi. Devi rincasare. Per oggi è finita.

Domani tutto ricomincerà daccapo.




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