Vietato masturbarsi!
- Belisario Righi
- 5 gen 2021
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 11 mar
DI BELISARIO RIGHI
Il grande masturbatore - Olio di Salvador Dalì
Se sono matto per me va benissimo, sentenzia Saul Bellow.
La differenza tra me e un pazzo è che io non sono pazzo, dice Salvador Dalì.
La differenza tra me e la maggior parte della gente è che io non sono la maggior parte della gente, dico io. La gente, perlopiù, sogna soltanto di fare delle cose.
Io invece le ho fatte!
Guidare a duecentosettanta chilometri l’ora, tanto da coprire sulla Via Flaminia il percorso da Trevi a Via XX Settembre a Roma, in poco più di un’ora, io l’ho fatto!
E sempre in tema di macchine, negli anni ’60 Ludovico Scarfiotti, compianto e immemorabile campione automobilistico, compì il tragitto autostradale Milano-Roma, da casello a casello con una Ferrai Le Mans, in tre ore e trenta minuti.
Nel 1971 o forse 1972, feci lo stesso percorso in tre ore e quindici minuti.
Non che sia stato più bravo del grande Scarfiotti, né che la mia auto fosse più potente della sua Le Mans, però è successo.
Tutti bevono, spesso tanto e dicono di bere ancor di più.
Una sera bevvi un’intera bottiglia di whisky, e in macchina me ne tornai a casa allegro, molto allegro per la verità, facendo un percorso di cinquanta chilometri pieno di curve.
Tutti decantano le loro imprese amorose.
Chi ha fatto l’amore quattro volte, chi cinque, in una sola notte, chi addirittura sei. Io con Valeria, una polacca che beveva come un alpino, un pomeriggio ho fatto l'amore non so quante volte, ma sicuramente troppe. Non che avessi poi tanta voglia di compiere una simile performance, ma era lei a volerlo. Non so se fosse l’alcool a darle tanto estro, è un fatto però che con Valeria, fare l'amore una sola volta era impossibile.
Leggere in una notte e poi il mattino seguente, senza smettere mai, Baudolino di Umberto Eco, non fu un’impresa particolarmente difficile, tanto bello è quel libro.
Un libro di oltre cinquecento pagine!
Eccessi, esagerazioni, a volte anche volgari e comunque sempre esecrabili, ma che hanno un significato: farti sentire vivo, diverso dalla moltitudine assopita e addormentata che ti circonda.
Il mondo è gestito da un’accozzaglia di gente di bassa lega, che non riuscirebbe a capire la differenza tra una serratura e un orifizio anale, non fosse per il fatto che sodomizzare una serratura è piuttosto complicato.
E tu stai lì in mezzo a ‘sta gente che predica, pontifica, giudica, condanna e non ha il minimo concetto di cosa sia la vita, che non sa nemmeno pallidamente che significhi vivere, che non ha la più elementare consapevolezza del significato dell’esistenza e soprattutto che non ha mai il coraggio delle proprie azioni.
Non posso uscire questa sera, perché devo lavorare, perché domani mi dovrò alzare presto, perché sono stanco, perché sono già uscito ieri sera, perché non mi sento bene.
Tutte ipocrisie, risposte vigliacche per non dire la verità. Per non dire che non si ha lo spirito per farlo e forse nemmeno il desiderio.
Non esco, perché non ho voglia, perché non mi diverto, perché non mi piace la tua compagnia. Avete mai avuto qualcuna di queste risposte? Mai!
Nietzsche, in Umano troppo umano, ci chiede se abbiamo mai sentito dire: Non sono all’altezza! Avete udito qualche volta questo? No!
La libertà fa paura.
Fa paura soprattutto a chi non la capisce, a chi confonde libertà con trasgressione e non ne conosce il vero significato, che altro non è che onestà morale.
Essere liberi significa essere onesti con se stessi, avere una coscienza discriminante, che soppesi il giusto valore delle azioni, facendoci scegliere tra ciò che è giusto per noi e quello che è conveniente per la moltitudine, la quale spesso non tiene conto delle nostre aspirazioni e dei nostri stati d’animo, ma è sempre tesa al raggiungimento di una morale oggettiva, imposta dalla società e dalle circostanze.
Un mondo, dove tutto è stato già stabilito e tutto deve andare secondo la direzione che è stata prefissata.
Una voce fuori dal coro stona, è vero, ma la musica non sempre ricalca melodie e produce leitmotiv. Ogni tanto, nasce uno Schoenberg che non compone motivetti, né ballate, ma segue un suo schema che oltrepassa la soglia dell’orecchiabilità e assurge ad alti momenti creativi, cercando nella composizione musicale la risposta a un quesito non necessariamente melodico, ma forse filosofico, esistenziale, e perché no, personale.
Joseph Knecht, protagonista de Il giuoco delle perle di vetro di Hermann Hesse, uso a mescolare la conoscenza musicale con quella teologica, matematica, letteraria e altro ancora, arrivò a capire che avrebbe dovuto abbandonare il suo alto rango e diventare il modesto pedagogo di un bambino, poiché tutto l'operato umano rientra in un più complesso sistema, tristemente dominato dall’onanismo intellettuale, mentre l’agire, il compiere è il vero atto liberatorio, il vero scopo dell’esistenza. Tutta la scienza, tutta la conoscenza, che significato avrebbero avuto per lui, se non gli fossero servite nemmeno ad educare un infante?
Scopare! Non masturbarsi! Questo è il vero problema. E’ da qui che nascono i problemi del mondo. Non si può sempre sostituire la realtà con rappresentazioni virtuali. Non si può parlare di azione con esempi presi dal collettivo, né configurare ipotesi di comportamento con l’introduzione di atti stereotipati, ma mettersi in gioco, agire in prima linea, essere attori concreti dei propri sogni, sparare col piombo, non a salve. Solo avendo la volontà di cimentarsi non concettualmente, bensì concretamente, immergendosi nella girandola degli eventi, saltando senza rete, solo allora si sarà veri protagonisti della vita e allora ogni discorso che non sia dettato dall’azione diretta ci sembrerà vuoto ed inutile.
Fu una scelta eticamente giusta quella di Ettore Majorana?
Il suo fuggire dai problemi della vita, rifugiandosi in un convento, come molti hanno fantasiosamente interpretato la sua uscita di scena, misconoscendo che la scissione dell’atomo avrebbe portato alla bomba atomica, fu un atto giusto e meritorio di comprensione umana, d'impronta umanitaria? Non fu piuttosto il non voler prendere di petto un problema che avrebbe riguardato le future generazioni? Eclissarsi, mandando al diavolo la scienza, per non essere intaccato nei suoi principi morali dalla mostruosità che si stava realizzando, non fu invece un atto di vigliaccheria? Non fu una fuga dai veri problemi che affliggono l’umanità?
Il genio, proprio per la sua natura eccezionale, non ha il dovere di soffrire di più della massa comune? Non deve, egli genio, farsi promotore e garante di un comportamento che tenda a isolare il male? Fuggire, non è mai un rimedio.
Così sarebbe dovuto essere per uomo come Majorana. Mi dispiace per Sciascia, il quale affermò che Majorana mancasse di buon senso, ma era comunque suo dovere proseguire negli studi per affermare una realtà scientifica ed eventualmente, dopo esserne entrato a pieno diritto nella sua computazione, combatterla con tutti i mezzi possibili perché non fosse attuata, anche se sappiamo che questo sarebbe stato uno sforzo vano. Inoltre Majorana aveva anche degli obblighi verso il suo entourage, verso il cenacolo di via Panisperna, per non doversi defilare.
La bomba atomica fu realizzata. A Robert Oppenheimer se ne fa risalire la paternità, ma Hiroshima appartiene al mondo intero. Tutto il male e tutto l’obbrobrio che ne è derivato ricade sul genere umano e da questo Majorana non può sentirsi affrancato.
Il problema è sempre lo stesso.
Vietato masturbarsi!
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