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Il rosso nell’Espressionismo e nell’Astrattismo lirico

Aggiornamento: 14 apr

DI BELISARIO RIGHI




Rosso


La principale caratteristica intellettuale dell’artista è la sensibilità, che lo rende disponibile verso ogni sensazione e ricettivo a ogni nuova esperienza.

L’aria che egli respira è intrisa di effluvi che arrivando alla psiche provocano sul suo animo modificazioni e coinvolgimenti.

Il desiderio di partecipare al mondo, eterno interlocutore dell’artista, diventa ossessionante e allora il linguaggio si arricchisce di nuovi lessici, perché ogni grande artista ha in sé il senso della provocazione (Arthur Cravan).

L’uso del colore rosso nell’arte figurativa assume significati e valenze di straordinaria complessità emotiva, profondamente diversi a seconda dello stile pittorico cui è riferito.

Nell'ambito dell’Espressionismo e dell’Astrattismo lirico, il rosso emerge come una tonalità pregnante che trascende la mera rappresentazione per farsi simbolo di intensità emotiva e di esplorazione interiore.

L’Espressionismo mantiene un legame diretto con l’esperienza vissuta, ha come intenti principali la trasmissione di emozioni forti e la rappresentazione di una realtà percepita in modo soggettivo.

Nell’Espressionismo, il rosso è spesso ancorato a un contesto narrativo e figurativo, e viene utilizzato per dare vita a composizioni che riflettono il profondo sentimento di libertà e spontaneità, fondamento per una sorta di linguaggio visivo che parla direttamente all’anima, dove ogni pennellata diventa un gesto di affermazione personale.

L’Astrattismo lirico abbraccia una dimensione più universale e astratta, in cui il rosso diventa simbolo di vitalità e si libera ulteriormente dai vincoli del reale, diventando una forma pura di espressione artistica.

Nell’Astrattismo lirico si assiste a una transizione significativa: dall'esplorazione di temi esistenziali e personali, tipica dell’Espressionismo, all’astrazione totale e alla liberazione creativa, propria dell’Astrattismo lirico.

Questa evoluzione permette al rosso di acquisire nuovi significati, non più legati a situazioni specifiche, ma a esperienze viscerali e metafisiche.

Per la bisogna prenderemo a modello due grandi Maestri, esponenti di spicco dell’Espressionismo e dell’Astrattismo lirico: Edvard Munch e Vasilji Kandinskij.

Artisti come Munch e Kandinsky utilizzarono il rosso non solo per rendere vivide le loro tele, ma per evocare stati d'animo intensi e conflittuali.

In opere come L'Urlo, il più noto ed emblematico dei lavori di Munch, il rosso non è semplicemente un colore; diventa l’essenza del dolore, della disperazione,

dell'angoscia. La sua presenza è carica di significato e comunica un senso di irrequietezza che coinvolge lo spettatore a livello emotivo.

Il grande Munch, che riuscì a far urlare il colore, fu sopraffatto dalla crudezza della realtà, forse perché vi credette troppo e mai trovò la pace. Del resto gli angioli neri della sua esistenza furono il Perbenismo e la Tentazione, e il pittore norvegese, condizionato dal peccato, al tramonto su Cristiania vide le nuvole macchiate di rosso, il rosso del sangue umano, delle sofferenze del mondo che, contaminato dal peccato, solo nelle tenebre trova riposo ai propri affanni, un rosso quindi statico, tombale.

Mentre nei dipinti del pittore russo, la deformazione completa degli elementi contingenti astrae l’artista dal mondo corposo ove nasce e prospera il peccato, immergendolo in un plasma sterilizzato, in cui il Maligno non può annidarsi, e il rosso sta a significare uno stato di eccitazione al culmine che, con il suo ardore, innesca un dinamismo che porta al verde della purgazione fino a raggiungere la pace dei sensi e il Nirvana nel quieto blu.

Se Kandinskij avesse amato la canonicità delle situazioni e la formalità delle circostanze avrebbe fatto l’Avvocato; ma quando l’Estetica non è più sedotta dal racconto, laddove il concettuale rappresenta l’unico possibile manierismo narrativo, è qui che comincia la vera lirica kandinskiana, anteponendosi nettamente all’Espressionismo, matrice positiva e verista dell’oggettiva realtà quotidiana, troppo angusta ed assiomatica.












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