Il velo nelle arti figurative
- Belisario Righi
- 28 mar 2021
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 11 mar
DI BELISARIO RIGHI
La Pudicizia Velata - Antonio Corradini - 1752 - Particolare
Il velo, di per sé diafano, ha quale caratteristica preminente quella di ammorbidire attraverso la sua trasparenza i contorni di ciò che avvolge. Nelle arti figurative esso é elemento di modificazione dell’identità, la quinta teatrale, che separa la realtà vera da quella immaginaria, offrendo all’artista che lo adotta, la possibilità di ritrarre immagini nella loro più intrinseca essenza, prescindendo dalla loro reale fenomenicità. Scultura, Pittura e Fotografia, le tre principali Arti figurative ne hanno spesso fatto uso nelle rappresentazioni, con diverse valenze. A volte per nascondere, altre volte per mascherare e spesso solamente per creare effetti di virtuosità compositiva, ma la Scultura è quella che offre le migliori e più audaci interpretazioni di questa tecnica, anche per le ristrettezze imposte dalla limitata duttilità dei materiali deputati alla realizzazione delle opere. Un grande artista contemporaneo, Kevin Francis Gray, in una sua intervista disse che la scultura su marmo presuppone una metodica diversa da quella su bronzo, perché mentre nella prima si deve togliere materia, nella seconda si deve aggiungere. In queste sue parole, è descritta tutta la difficoltà che lo scultore incontra nel lavorare un blocco di pietra, perché non si potrà più aggiungere ciò che è stato tolto. Le più belle interpretazioni di immagini velate sono quindi, senza ombra di dubbio quelle che ci provengono dalla Scultura su marmo.
Nell’età barocca prese piede una particolare forma di scultura. La cosiddetta scultura velata, secondo i cui stilemi, venivano rappresentate statue coperte di veli, soprattutto sul viso. Tra i primi e senza dubbio il più noto fra costoro, fu Antonio Corradini (1668 – 1752), molto attivo in Italia, ma anche in Europa, dove lavorò per i più grandi Sovrani dell’epoca, per l’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, per lo Zar Pietro II Il Grande e per molte famiglie gentilizie. Partecipò su commissione del nobile Raimondo di Sangro Principe di Sansevero all’allestimento della famosa Cappella San Severo a Napoli, elaborando per essa diverse opere, tra cui La Pudicizia Velata, che si dice raffigurasse la nobildonna Carlotta Gaetani, moglie di Raimondo.
La Pudicizia Velata - Antonio Corradini - 1752 - Assieme
La Pudicizia Velata - Antonio Corradini - 1752 - Particolare
Delle altre opere è rimasto solamente un bozzetto per un Cristo Velato, la cui realizzazione non venne mai alla luce, causa la morte dell’Artista avvenuta nel 1752.
L’anno seguente, nel 1753, sempre nella Cappella Sansevero, il Cristo Velato fu realizzato da Giuseppe Sanmartino.
Giuseppe Sanmartino (1720 – 17923)
Il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, uno dei più grandi capolavori della scultura di ogni tempo, si trova a Napoli nella cappella di Sansevero, in via Francesco de Sanctis. E’ un’opera affascinante e misteriosa. Si racconta che il velo di marmo sul corpo del Cristo, sia in realtà un velo in tessuto, trasformato in roccia grazie ad uno speciale liquido inventato dal sinistro Principe di San Severo, illustre alchimista. Il ritrovamento di una stanza segreta e di alcune macabre opere, visibili nella Cappella San Severo, hanno contribuito a dare al Principe e al Cristo velato un’aura di mistero. Molti, invece, sostengono che il sorprendente effetto sia tutto frutto del talento dello scultore, sulla cui realizzazione esistono due scuole di pensiero. La prima è che l’effetto velo sia stato ottenuto mediante una finissima lavorazione del marmo, l’altra è che per ottenere tale effetto sia stata marmorizzata una stoffa, con un procedimento alchemico realizzato dal Principe Raimondo di San Severo e successivamente incorporata sulla statua mediante un’apposita procedura di acqua e calcina. In realtà lo scultore, con eccezionale maestria, ha realizzato l’opera utilizzando un unico blocco di marmo, come testimoniano anche documenti dell’epoca. Lo stesso Principe in alcune lettere parla del velo come realizzato dallo stesso blocco di marmo della statua che rappresenta il corpo. La Cappella merita una visita anche per le altre opere presenti in questa piccola chiesa nascosta tra i vicoli di Napoli, un luogo ricco di simboli esoterici e religiosi. Antonio Canova si tramanda dichiarasse che avrebbe dato dieci anni di vita pur di essere lo scultore di questo marmo incomparabile. Il Marchese de Sade esaltò il drappeggio, la finezza del velo, la bellezza, la regolarità delle proporzioni dell’insieme. Matilde Serao celebrò tutta la passione espressa dalle fattezze del Cristo. Riccardo Muti ha scelto il volto del Cristo per la copertina del suo Requiem di Mozart. Adonis, uno dei più grandi poeti contemporanei, ha definito il Cristo Velato più bello delle sculture di Michelangelo.
Il Cristo Velato - Giuseppe Sanmartino - 1753 - Assieme
Il Cristo velato - Giuseppe Sanmartino - 1753 - Assieme
Il Cristo Velato - Giuseppe Sanmartino - 1753 - Particolare
Il Cristo Velato - Giuseppe Sanmartino - 1753 - Particolare
Una delle ultime opere di Giuseppe Sanmartino é La Religione, immacolata e casta e per questo velata é collocata nel cimitero monumentale di Trieste, mutilata, danneggiata e annerita dagli agenti atmosferici, versa in stato di completo abbandono.
La Religione - Giuseppe Sanmartino - 1789
Innocenzo Spinazzi (1726 – 1798)
Nel 1972, all’età di ventotto anni, morì di malattia al petto la Principessa russa Barbara Jakovlevna Tatisjtjeva. Il Principe Aleksandr Michajlovich Beloselskij, marito inconsolabile e disperato per la prematura dipartita della consorte, volle che si ergesse nel cimitero di San Lazzaro in Torino, dove riposava la salma, un monumento funebre a imperitura memoria dell’amata moglie. Fu incaricato di eseguire l’opera il restauratore di statue classiche Innocenzo Spiazzi, il quale per l’occasione replicò un suo lavoro del 1781 eseguito per la chiesa di Santa Maria Maddalena dei Pazzi a Firenze, ove tuttora è conservata.
La Velata - Innocenzo Spinazzi - 1781
Alla versione fiorentina, furono aggiunti sul basamento un medaglione ritraente la Principessa, sorretto da due puttini e un’epigrafe con i seguenti versi:
Oh, sentimento! Sentimento!
Dolce vita dell’anima.
Quale cuore non hai mai colpito?
Qual’ è lo sfortunato mortale cui non hai mai offerto
il dolce piacer di versar lacrime?
E qual è l’anima crudele
che, dinanzi a questo monumento così semplice e pietoso,
non si raccolga con malinconia
e non condoni generosamente
i difetti allo sposo che l’ha innalzato?
Nel 1830 la salma, insieme al suo monumento fu trasferita nel cimitero di San Pietro in Vincoli, che in seguito essendo stato chiuso, fu teatro di vandalismi e di saccheggi, l’opera fu mutilata e privata del medaglione e dell’epigrafe. Oggi, dopo vari trasferimenti e vicissitudini il monumento è conservato alla GAM (Galleria d’Arte Moderna) di Torino.
Su questa statua, conosciuta come La Velata è nata una leggenda, secondo cui il fantasma della principessa si aggirerebbe alla ricerca del suo amato sposo; e molti giurano di aver udito pianti di dolore provenire dalla statua e di aver visto una donna bellissima, dai capelli biondi e il volto d’angelo, aggirarsi inconsolabile tra le lapidi.
La Velata - Innocenzo Spinazzi - 1794
Raffaele Monti (1818 – 1881)
Nel 1847 lo scultore Raffele Monti eseguì due stupende sculture: Le Sorelle della Misericordia e La Vestale Velata.
Le Sorelle della Misericordia - Raffaele Monti - 1847
La Vestale Velata - Raffaele Monti - 1847
Il Sonno del Dolore e il Sogno della Gioia, di Raffaele Monti fu esposto al Salone Internazionale di Londra nel 1862. La figura velata del sogno della Gioia sembra librarsi sopra la figura dormiente del Dolore. L’insieme, apparentemente lirico, vuole in realtà rappresentare il risveglio della situazione politica e dell’unità culturale italiane, dopo la proclamazione del regno d’Italia avvenuta il 17 marzo 1861.
Il Sonno del Dolore e il Sogno della Gioia - Raffaele Monti - 1861 - Assieme
Il Sonno del Dolore e il Sogno della Gioia - Raffaele Monti - 1861 - Particolare
Il Sonno del Dolore e il Sogno della Gioia - Raffaele Monti - 1861- Particolare
Giovanni Maria Benzoni (1809 – 1873)
Rebecca è la moglie di Isacco, figlio di Abramo (Genesi). E’ qui raffigurata nell’atto di vedere per la prima volta Isacco. Lo sguardo, dagli occhi abbassati e il velo che ne ricopre il volto, denotano la modestia e la timidezza della donna, mentre il braccio sinistro, seppur calato, lievemente discosto dal corpo è pur esso un timido gesto di accoglienza e di benvenuto. La datazione dell’opera è incerta. Alcuni studiosi la fanno risalire al 1863. Il museo di Atlanta, ove l’opera è collocata, indica l’anno 1864. Il Comune di Songavazzo, ove l’artista nacque, la fa risalire al 1867.
Rebecca Velata - Giovanni Maria Benzoni - 1863-1867
Giovanni Strazza (1818 – 1875)
La Vergine Velata, eseguita, in marmo di Carrara, a Roma in data imprecisata, fu trasferita in Canada nel 1856 e successivamente nel 1862 nel Convento delle Suore della Presentazione a S. Giovanni a Terranova, ove attualmente si trova.
Iconograficamente raffigura la Beata Vergine Maria, ma di fatto, verso la metà del XIX secolo, con il Risorgimento italiano, con il grande risveglio del nazionalismo italiano e la conseguente rinascita delle arti, l’immagine della donna velata sta a rappresentare Italia, nello stesso modo in cui Britannia simboleggia l’Inghilterra, l’Hibernia, l’Irlanda, e la Libertà gli Stati Uniti . Busti marmorei raffiguranti analoghe donne velate, sono un po’ ovunque nel mondo, ma forse nessuna è così perfetta come la Vergine di Strazza, i cui tratti del viso e dei capelli sono perfettamente visibili attraverso il velo. Il 4 dicembre 1856 il Vescovo John Thomas Mullock registra nel suo diario: "Ricevuta da Roma una bella statua in marmo della Beata Vergine Maria, da Strazza . Il volto è velato e la figura e le caratteristiche sono tutti visibili. Si tratta di un gioiello d’arte perfetta."
Maria Vergine Velata - Giovanni Strazza - 1856 - Prospetto
Maria Vergine Velata - Giovanni Strazza - 1856 - Profilo
I soggetti preferiti di questo artista sono il corpo umano e le sue forme, che rappresenta in sculture realizzate con diversi materiali, quali il marmo, il bronzo, la fibra di vetro e persino il cuoio. K.F.G. ha un concetto tutto personale dei veli con i quali ammanta le sue figure. Egli non è interessato all’esteriorità dell’immagine, ma soprattutto a ciò che essa cela, a ciò che porta dentro, o meglio a quello che sta sotto la superficie fenomenica. In quest’ottica, l’artista tende a snobbare la narrazione d’immagine, per addentrarsi nella concettualità più segreta e più intima degli elementi ritratti, ricoprendoli di veli che esaltano la plasticità del lavoro e al tempo stesso assolvono al compito di nascondere tutto il nascondibile possibile, elevando così al massimo grado il senso di immanenza concettuale.
Face-off - Bronzo - Kevin Francis Gray - 2007 - Assieme
Face-off - Kevin Francis Gray - 2007 - Particolare
Ballerina - Marmo di Carrara - Kevin Francis Gray 2011 Ballerina 1
Ballerina - Marmo di Carrara - Kevin Francis Gray 2011 Ballerina 1 - Particolare
Ballerina - Marmo di Carrara - Kevin Francis Gray 2011 Ballerina 2
Temporal sitter - Kevin Francis Gray - 2012 Bronzo
La Pittura stranamente, pur avendo a disposizione mezzi pressoché illimitati, non si è mai eccessivamente occupata di questa particolare performance artistica e non presenta una produzione di corpi velati, che al contrario nella scultura troviamo copiosa. Nel Rinascimento in particolare, i pittori, per quanto attiene ai veli, si limitarono essenzialmente a ritrarre quelli non trasparenti adibiti a copricapo o a mantello e di questi ve ne è una grandissima quantità, che vanno da quelli di fattura italiana, con le volute morbide e arrotondate a quelli fiamminghi dalle pieghe angolate e rigide.
La Vergine Annunziata - Dipinto di Antonello da Messina - 1476
Madonna che legge - Dipinto di Giorgione - 1505
Sono pochi gli esempi di copricapo, costituiti da veli diafani che coprono parte del volto e in massima parte provengono dagli artisti fiamminghi.
Ritratto di donna giovane - Dipinto di Van der Weyden - 1435
Ritratto di signora - Dipinto di Van der Weyden - 1450
Barbara de Vlaenderberch - Dipinto di Hans Memling - 1472
Ritratto di giovane donna - Dipinto di Filippo Lippi - 1445
Una menzione particolare è dovuta al capolavoro di Sandro Botticelli, La Primavera, dove le figure velate delle tre Grazie e della ninfa Clori rapita da Zefiro, assumono un senso di leggiadria e di leggerezza poche volte uguagliate.
Primavera - Dipinto di Sandro Botticelli - 1482
L’unico velo, molte volte ritratto, è quello su cui è raffigurato il volto di Cristo, il cui nome veronica, sembra non derivi da quello della pia donna che, sulla Via Crucis, deterse, dalla fronte di Cristo, il sudore che si rapprese nei lineamenti del Signore, bensì dalla fusione delle parole vera e icona, cioè vera immagine. L’immagine che fu impressa sul velo da Gesù Cristo stesso, che lo passò sul Suo viso, per premiare la fede di una donna che l’aveva acquistato, affinché un pittore vi ritraesse il Suo volto.
Santa Veronica con il sudario - Dipinto di El Greco - 1579
Santa Veronica - Dipinto di Mattia Preti - 1650
La Fotografia, al pari della pittura, ha anch’essa delle illimitate possibilità di intervento sull’opera, potendo rimuovere o aggiungere a piacimento elementi dalla struttura compositiva originale e se questa operazione, in passato era complicata dovendo intervenire direttamente sul negativo o sulla stampa attraverso fotomontaggi, ora, con l’aiuto di programmi di correzione, è diventata relativamente semplice. Eppure in fotografia, come nella pittura, il velo, in quanto elemento di trasparenza, è stato poco sfruttato. Non sono molti i fotografi, che con varie finalità l’hanno usato.
In questa magnifica fotografia, la fotografa russa Ira Bordo se ne è servita per mettere in evidenza l’insieme. L’osservatore è subito catturato dalla trina nera che esalta il bianco del volto, lasciando intravedere un occhio dallo sguardo penetrante e carico di misteriosa sensualità,
Trina - Fotografia di Ira Bordo
mentre in quest’altro scatto, altrettanto stupendo come il primo, si avvale di una sapiente sovraesposizione per bruciare quasi completamente il velo, sì da ridurlo ad un filtro flou, con cui delineare vagamenti i lineamenti coperti della modella e magnificare le affusolate dita della mano che lo sorregge
Velo - Fotografia di Ira Bordo
Con una profana veronica, indossata capovolta, la fotografa messicana Flor Garduno, ci rende l’immagine di una donna, dall’aspetto forse tribale e denso di inquietanti interrogativi.
Donna messicana - Fotografia Flor Garduno
Il messaggio dello statunitense Craig Morey, invece è diretto e palese. Per una rappresentazione fetish, cui concorrono il piercing e il collare sadomaso, la trina viene usata per mascherare il volto della protagonista, secondo il rituale bondage.
Bondage - Fotografia Craig Morey
Un niqab.
Niqab - Fotografia di Belisario Righi
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