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Le braci | Sándor Márai

DI BELISARIO RIGHI


Ritratto fotografico di Sándor Márai
Ritratto fotografico di Sándor Márai


RECENSIONE

Il romanzo Le Braci di Sándor Márai ci invita a immergerci in una riflessione profonda e complessa sulle dinamiche del desiderio, sull'amore ardente e sull'inevitabile conflitto tra passione e moralità.

In questa opera, l’autore affronta con maestria una questione universale e senza tempo: l’attrazione verso ciò che è proibito e inaccessibile. Tuttavia, ciò che colpisce in modo particolare è la natura di questa pulsione, che si distacca dall’ambito fisico per inoltrarsi nelle sfumature dello spirito umano.

La trama si snoda attorno a un triangolo amoroso che si potrebbe definire classico, ma che si rivela intriso di tensioni psicologiche e morali. Il Generale, un uomo di alta estrazione sociale, rappresenta una figura di autorità ed egocentrismo, convinto della sua infallibilità e del suo diritto a possedere e controllare. La sua percezione della realtà viene scossa dall’idea che sua moglie, Krizstina, possa essere attratta dal suo migliore amico, Konrad. Quest'ultimo, pur provenendo da modeste condizioni economiche, accende nel Generale il timore e la gelosia, sentimenti seducenti e distruttivi che lo portano a un confronto drammatico e carico di significato.

Márai tratteggiando la figura di Konrad, descrive un uomo che, nell'atto di puntare un fucile contro l'amico e rivale, culmina in una conflittualità interiore. La sua azione, pur essendo gravemente ambivalente, diventa l'epicentro di un'analisi psicologica affascinante. L’incapacità di sparare, infatti, è vista non solo come debolezza, ma anche come un gesto di profonda consapevolezza e autocontrollo.

E qui, emergono le domande più difficili: chi è il vero vigliacco? È Konrad, per non aver avuto il coraggio di completare il gesto finale, o è il Generale che trasforma la vulnerabilità in aggressività? Questo conflitto di interpretazioni si articola all'interno di una tela emotiva ricca di spunti di riflessione. Márai induce alla considerazione che il non compiere un atto di violenza possa non è necessariamente un segno di codardia, ma piuttosto un atto di nobiltà d’animo, l'atto di risparmiare la vita di un altro, di rinunciare a una vendetta, una scelta di grande coraggio, il che ci riporta al tema centrale del romanzo: il sacrificio e la solitudine.

Il rifiuto di cedere alle basse tentazioni del possesso e dell’amore egoistico implica l’idea che la vera rettitudine morale nella relazione umana non sia legata al godimento dei piaceri. Ci si chiede, se il non compiere l’ultimo fatale gesto abbia rappresentato un atto nobile e coraggioso, con la conseguenza di dover affrontare una vita di solitudine, di lontananza dagli affetti più cari e di preclusione ad una esistenza piena di amore, e se non sia stato, al tempo stesso, un gesto di rettitudine morale rinunciando ad un mènage di vita appagante, ma inequivocabilmente saprofitico. Gli interrogativi sul valore della vita resa solitaria e priva di affetti, in nome di una etica personale e del rispetto per l’altro, sono particolarmente pregnanti. Márai offre così un punto di vista in cui la dignità e la nobiltà del cuore superano il mero desiderio di possesso.

La prosa di Márai è intensamente evocativa e poetica, capace di rendere palpabile il tormento interiore dei suoi personaggi. Ogni pagina è intrisa di una tensione quasi tangibile, in cui le emozioni si incrociano e si scontrano, creando un tessuto narrativo ricco di stratificazioni.

La narrazione prende forma attraverso dialoghi serrati e descrizioni suggestive, permettendo al lettore di sentire il peso delle scelte dei protagonisti e di comprendere le loro paure e aspirazioni.

Krizstina, fulcro di questo dramma, diventa l'emblema della bellezza e della complessità femminile. La sua presenza incombe su entrambi gli uomini, fungendo da catalizzatore per le loro debolezze e la sua figura, pur sembrando inizialmente passiva, riveste invece un ruolo cruciale nel tessere le trame di questo intenso gioco di potere ed emozioni, dove ogni attore cerca di affermare la propria verità, disvelando le fragilità umane e i limiti del desiderio.

Le Braci non è solo una storia di amore e tradimento, ma un profondo sguardo alla condizione umana. Márai esamina concetti quali onore, coraggio, vigliaccheria e la complessità del desiderio, invitando il lettore a riflettere su cosa significhi realmente vivere e amare. Le sue pagine restano impresse, lasciando un segno indelebile nel nostro animo, un invito a considerare la ricchezza e le ambiguità delle relazioni umane, più che mai attuali e determinanti.

La lettura di quest'opera è quasi d'obbligo, non solo per la sua capacità di coinvolgere, ma per la profondità delle tematiche affrontate e la genialità di un autore capace di dipingere con parole il cuore pulsante dell’animo umano.



NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE

Sándor Márai è stato uno scrittore e giornalista ungherese, naturalizzato statunitense. La sua fama è legata in particolare al romanzo  L'eredità di Eszter, prima pubblicazione nel 1939 e Le braci, prima pubblicazione nel 1942.

Sándor Károly Henrik Groschenschmied de Mára, conosciuto come Sándor Márai,

nacque a Košice il 11 aprile 1900, in una famiglia di quattro figli di cui era il maggiore. Era figlio del dottor Géza Groschenschmied de Mára, notaio reale, presidente della Camera degli avvocati di Košice, già senatore del Partito socialista cristiano nazionale ungherese; sua madre era Margit Ratkovszky. Il suo antenato János Kristóf Groschenschmied, alto funzionario del Tesoro, nato nel comitato di Máramaros in Transilvania, ricevette da Leopoldo II il feudo di Mára. Sándor studiò giornalismo presso l'Institut für Zeitungskunde dell'Università di Lipsia per poi spostarsi a Francoforte sul Meno e Berlino, senza però conseguire mai la laurea. Inizialmente pensò di scrivere in tedesco, ma alla fine scelse la propria lingua madre, l'ungherese. I suoi primi articoli apparvero sulla rivista satirica Der Drache dell'editore sassone Hans Reinmann. Più tardi iniziò una collaborazione con uno dei più prestigiosi quotidiani tedeschi, la Frankfurter Zeitung. Nel 1917 pubblicò la sua prima opera, una raccolta di poesie dal titolo Il libro dei ricordi.

Nel 1923 si sposò con una donna di origini ebraiche, Ilona Matzner (Lola). La coppia, non riuscendo ad avere figli, alla fine della seconda guerra mondiale adottò János, un orfano di guerra.

Márai visse agiatamente per un certo periodo a Berlino, prima della disastrosa crisi inflazionistica che colpì in quegli anni la Germania, poi fu inviato dalla Frankfurter Zeitung a Parigi come corrispondente. Nella capitale francese però non riuscì a mantenere lo stesso tenore di vita del passato e in poco tempo si ritrovò in gravi ristrettezze economiche.

Nel 1928 fece ritorno in Ungheria e si stabilì a Budapest. In cerca di un nuovo lavoro iniziò a comporre prose più lunghe ed elaborate nella lingua madre e, a questo periodo corrisponde la sua fase più produttiva, durante la quale sviluppò decine di lavori, alcuni in lingua tedesca. Negli anni trenta acquistò visibilità e fama con il suo stile chiaro e preciso, impregnato di Realismo, e fu il primo a recensire le opere di Kafka. Al 1934 risale il suo primo successo, con il libro Confessioni di un borghese.

Nei suoi scritti non risparmiò critiche al regime nazista e a quello comunista che salì al potere dopo la seconda guerra mondiale.

Profondamente antifascista, riuscì a scampare al conflitto mondiale, ma le persecuzioni dei comunisti lo costrinsero ad abbandonare l'Ungheria nel 1948.

Visse sempre in condizioni precarie, per poi trasferirsi negli Stati Uniti, a San Diego, in California, ove acquisì la cittadinanza americana nel 1957.

Continuò a scrivere in lingua madre, ma non fu pubblicato in inglese fino alla metà degli anni novanta. Nel 1968 Márai e la moglie decisero di trasferirsi in Italia e si stabilirono a Salerno. Qui, isolato dal mondo culturale, ma vicinissimo ai ceti popolari, lo scrittore visse fino al maggio 1980, in quasi totale anonimato, quando decise di ritornare a San Diego a causa di un'infezione intestinale mal curata. Nel periodo salernitano scrisse la raccolta Terra! Terra!...Ricordi e intensificò le pagine del suo diario.

Dopo la morte della moglie per cancro, seguita da quella del figlio, Márai cominciò a isolarsi sempre più, fino a quando, nel febbraio 1989, si suicidò con un colpo di pistola alla tempia; secondo le sue volontà il corpo fu cremato e le ceneri furono disperse nell'Oceano Pacifico. Il 9 novembre 1989 cadde il Muro di Berlino e con esso anche il regime comunista in Ungheria che era stato la causa del lungo esilio dello scrittore.

Largamente trascurata al di fuori dell'Ungheria, la sua opera - poesie, romanzi, diari - è stata in seguito riscoperta e nel 1992 è stata pubblicata ripubblicata in francese, inglese, tedesco e italiano, ed è ora considerata parte dei capolavori della letteratura europea del XX secolo.

In onore e in ricordo dello scrittore ogni anno viene assegnato il Premio Sándor Márai per la letteratura ungherese.


Fonte: Wikipedia



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