ViJ | Nikolai Gogol
- Belisario Righi
- 7 gen
- Tempo di lettura: 6 min
DI BELISARIO RIGHI

RECENSIONE
Vij, opera di Nicolaj Gogol. Si presenta come un racconto lungo che si colloca nell'ambito narrativo affine alle fiabe russe, ma intriso di una forte impronta romantica.
Si dipana tra le tenebre e la luce, rivelando l’inscindibile legame tra il romanticismo e l’orrore. Ogni pagina è impregnata di una tensione palpabile, di una sorta di danza tra vita e morte, bellezza e male.
Riesce simultaneamente a evocare atmosfere horror, aspetto nel quale Gogol rivela la propria maestria, e il suo talento nell'infondere nel lettore il senso di inquietudine e terrore in maniera straordinaria, arrivando a superare in alcuni punti della narrazione, in questo specifico genere letterario, persino il celebre e indiscusso maestro Edgar Allan Poe.
Il mantra del racconto, usando le parole di Gogol, è che da quello che deve succedere non c'è scampo. Questa breve frase che risuona come un anatema è il cuore pulsante della storia e risiede nella consapevolezza dell'ineluttabilità delle azioni, proprie e dell'ambiente circostante. Tale condizione esistenziale, che costituisce la morale centrale del racconto, è una filosofia apparentemente rassicurante che però non offre scampo a Ho Choma, il protagonista, conducendolo inevitabilmente verso un destino che, seppur coerente con la sua visione fatalistica della vita, non lo risparmia dalla sofferenza derivante dalla sua inesorabile fine, perché giustificare non è liberare. L’atto finale del destino non può essere demandato o eluso. Ciò che deve avvenire si concretizza senza eccezioni, indipendentemente dalla paura che si prova o dal desiderio di fuggire. La forza dell'ineluttabilità ci sovrasta, dominando le nostre esistenze, indistintamente, al di là di qualsivoglia sillogismo o sofisma che tenti di giustificare la nostra impotenza di fronte agli eventi.
Ho Choma affronta forze lontane e misteriose, creature evocative che sfidano la logica e incitano alla paura. L'interazione con queste presenze spettrali rivela la vulnerabilità dell’essere umano di fronte all'ignoto e la necessità di confrontarsi con paure ancestrali, con le proprie ansie e superstizioni.
Ho Choma si allontana sempre più dalla razionalità e dalla sicurezza della quotidianità, trovandosi immerso in un mondo in cui il fantastico si intreccia con l’assurdo e il terrore si manifesta in forme inaspettate.
Gogol, attraverso la figura di Ho Choma, ci invita a considerare l’universalità della sofferenza nonché la condivisa vulnerabilità degli esseri umani che combattono contro destini già scritti, contro poteri che dominano dall’alto.
Tuttavia, in quest’opera non vi è soltanto l’orrore. Ciò che emerge è anche una profonda meditazione sulla condizione umana, sul nostro incessante tentativo di trovare un senso in un universo che pare indifferente alle nostre istanze.
Vij ci induce a riflettere sulla fragilità dell'esistenza umana, sul fragile confine che separa la ragione dalla follia, la certezza dal dubbio. E' un canto funebre nei confronti delle illusioni, un richiamo alla presa di coscienza della realtà.
L’inevitabile avanzare del destino è tale che ogni attimo è carico di significato e ogni scelta comporta conseguenze che vanno ben oltre il singolo individuo.
La forza narrativa di Gogol risiede, a mio avviso, nella sua capacità di penetrare negli abissi dell’anima umana, restituendo una rappresentazione vivida di timori e aspirazioni, di tormenti e speranze.
Il racconto genera profonde riflessioni sulle incertezze della vita, quasi questa altro non sia che un viaggio da intraprendere con coraggio, con la consapevolezza che ciò che è destinato ad accadere, accadrà, che lo si voglia o no, incurante del nostro perenne desiderio di piegare il corso degli eventi a nostro vantaggio.
NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE
Nikolai Gogol è stato uno scrittore e drammaturgo, considerato uno dei grandi della letteratura russa. Si distinse per la grande capacità di raffigurare situazioni satirico-grottesche sullo sfondo di una desolante mediocrità umana, con uno stile visionario e fantastico tanto da essere definito da molti critici un precursore del realismo magico. E' considerato il più grande utilizzatore dello skaz, la riproduzione di una narrazione orale. Lui stesso ha creato una particolare forma di skaz con esclamazioni e giochi di parole.
Nikolai Gogol (Nikolaj Vasil'evič Gogol'-Janovskij) nacque in Ucraina a Velyki Soročynci il 1 aprile 1809 da una famiglia di piccoli proprietari terrieri della nobiltà russa. Il padre fu scrittore di commedie in russo e in ucraino, mentre la madre, donna austera dalla forte personalità fu una fervente religiosa.
Gogol crebbe a Vasilevka, presso una delle proprietà del padre.
Compì i suoi primi studi a Poltava e poi a Nižyn, nel 1821, al liceo iniziò i suoi studi letterari. Durante gli anni del liceo si dedicò anche alla recitazione, poi abbandonata per intraprendere la carriera lavorativa.
Iniziò a scrivere ufficialmente nel 1825. Tra i racconti più significativi di questi anni vi sono: I masnadieri, una tragedia andata perduta, I fratelli Tverdislavič e Qualcosa su Nežin, ovvero per gli stupidi La legge non è scritta.
Nel 1828 concluse gli studi e trasferitosi a Pietroburgo intraprese una carriera di burocrate mantenendo viva la passione per la letteratura.
Nel 1829, pubblicò il Ganc Kjuchel'garten, idillio in versi che fu stroncato dalla critica. In reazione alle critiche negative, Gogol comprò tutte le copie della rivista su cui era stata pubblicata la sua opera e le bruciò. A causa dell'insuccesso partì per l'estero e visitò la Germania.
Tornato a Pietroburgo nel 1831 conobbe il poeta Aleksandr Puškin e nello stesso anno pubblicò la prima opera di successo, Veglie alla fattoria presso Dikan'ka, compredente alcuni racconti.
Nel 1832 pubblicò il secondo volume, anch'esso comprendente alcuni racconti, delle Veglie alla fattoria presso Dikan'ka.
A Mosca, durante un lungo soggiorno conobbe eminenti personaggi dell'ambiente intellettuale e culturale moscovita.
Nel 1834 fu nominato professore aggiunto di Storia all'Università di Pietroburgo. Pubblica la novella Taras Bul'ba.
Nel 1835 pubblica gli Arabeschi, La prospettiva, Il ritratto e Mirgorod, una raccolta di racconti in due parti.
Non gli fu rinnovato l'incarico di professore. Le sue lezioni erano definite «noiose» dagli allievi, tanto che lo stesso Gogol ammise pubblicamente di non essere tagliato per l'insegnamento.
Durante l'anno 1836, si dedicò febbrilmente alla produzione di racconti, pubblicati sulla rivista letteraria russa Sovremennik (Il contemporaneo). Tra questi racconti spiccano: Il calesse, Il mattino di un funzionario, Il revisore. Tali racconti, benché accolti favorevolmente da una piccola parte della critica, specialmente Il Revisore viene attaccato dalla maggior parte dei critici, in particolar modo da quelli schierati politicamente a sinistra.
In aprile Gogol mise in scena la commedia L'ispettore generale, con scarso successo. Ancora una volta, deluso dai suoi risultati letterari decise di intraprendere un lungo viaggio in Europa.
Visitò la Svezia, la Germania, la Svizzera dove, a Vevey, riprese a scrivere Le anime morte. In ottobre esce il racconto Il naso, facente parte dei Racconti di Pietroburgo Nel marzo 1837 , in occasione del suo soggiorno in Italia inizia a studiare la lingua italiana. A Roma frequenta diversi scrittori russi residenti nella città, specialmente Ivanov e Šapovalov. Conosce il letterato Pagodin e Giuseppe Gioachino Belli.
Torna a Mosca nel 1839.
Nel 1842 pubblica Il cappotto e pubblica sulla rivista Moskvitjanin (Il moscovita) il primo volume del romanzo Le anime morte.
Tornato a San Pietroburgo nel dicembre, scrive e mette in scena l'opera Il matrimonio.
Nel 1843 pubblica in quattro volumi tutte le sue opere. L'anno seguente va in scena La lite.
Nel 1845 si ammala di nervi, iniziando in tal modo un lungo periodo di nevrosi che lo accompagnerà sino alla morte.
A Roma continua il lavoro del secondo volume de Le anime morte.
Pubblica i Brani scelti della corrispondenza con gli amici.
Nel 1848 visita Malta, Costantinopoli, Gerusalemme e Odessa. Torna a Mosca in settembre, dove incontra il drammaturgo Aleksandr Ostrovskij. Nella notte tra l'11 e il 12 febbraio 1852 brucia la seconda parte de Le anime morte a causa di una crisi religiosa derivata dal contrasto presente dentro di lui: da una parte v'è il desiderio di comprensione cristiana verso gli altri, dall'altra il desiderio di sottoporre a dura satira i costumi della società russa.
Indebolito da lunghi periodi di digiuno e di penitenza, muore di inedia, a Mosca, il 4 marzo 1852. Viene sepolto quattro giorni dopo nel Monastero di San Danilo.
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